Manuela Telesca: mi relaziono con la materia senza preliminari, per arrivare piano alla sorpresa

Il suo ideale? L’antica fucina rinascimentale: «Creo un legame stretto con gli elementi perché mi suggeriscono la piega che prenderanno le mie ‘creature’»

Manuela Telesca

Capita. Ma più che profetici, i sogni possono essere un monito a crearsi delle aspettative diverse da quelle che la vita pianifica. Nessuna divinazione, dunque, piuttosto suggestioni che ri-affiorano, vibrazioni di un qualcosa di cui non siamo consapevoli ma che lì in fondo si tengono pronte a farsi largo. È accaduto, anche, a Manuela Telesca che, prossima al diploma di ragioneria (percorso di studi suggerito unicamente dalla impulsività e dalla incoscienza adolescenziale!), dopo un sogno intenso in cui si è vista proiettata in un futuro indistinto ma diverso, ha detto no alle certezze per tuffarsi in un nuovo di cui ancora non aveva percezione ma che ha poi scoperto essere la sua linfa vitale: l’Arte.

Verrebbe da dire che una visione onirica l’abbia tenuta lontana dalle convenzioni, ma sarebbe inesatto. Il sogno vero è la realtà che vuoi vivere e il suo inconscio ha solamente sdoganato ciò che ama: scomporre e plasmare la materia, che candida a volte primitiva e stropicciata, altre pura e serica.

In fondo, destrutturare, trasformare Manuela lo fa da sempre. Già da piccolina smontava e rimontava ciò che aveva a tiro, era il suo gioco infinito. Ironicamente dice “Avrei potuto fare anche il meccanico, ma mi sono rapportata con i metalli e le pietre e sono approdata in questa dimensione preziosa”.

È incominciata così la sua storia.

Una storia per la quale un prima e un dopo hanno fatto la differenza, o almeno ne hanno definito la strada. Il prima sta nei dieci anni spesi a Firenze, snocciolati tra accademie e botteghe artigiane sotto la guida di validi maestri, tra diplomi in oreficeria e gioielleria avanzata e studio delle gemme. Una gavetta incomparabile, ecco perché è facile immaginare che il suo ideale sia l’antica fucina rinascimentale e, quindi, un po’ allergica alle moderne tecnologie.

Nel tempo ha dato vita a 2 progetti: “I gioielli importanti hanno una storia” e, ancora in itinere, “Gioielli di design, simboli di memoria e valorizzazione del territorio e dell’identità locale”.

«Ritengo che sia indispensabile vivere rapporti di vicinanza/empatia con il proprio territorio. Che non bisogna essere avari di sé. E che identificarsi, riconoscere, aiutare, elargirsi, per quello che ci si può consentire, renda vivi e maggiormente percettivi».

Il dopo coincide con il ritorno a Potenza – la sua terra d’origine che ha celebrato con gioielli evocanti alcuni antichi monili della Basilicata e paesaggi caratteristici, tra cui i Calanchi, le Dolomiti Lucane, i sassi di Matera – e che segna l’inizio di un nuovo viaggio, squattrinata ma libera. Qui si appassiona alla scultura polimaterica (è del 2004 EROS, in bronzo e argento) i volumi raggiungono anche i tre metri per tre, ma, in parallelo, mette su un piccolo, pulsante laboratorio dove miniaturizza tutto, dove tutto è cento cento artigianale, fatto a mano con suprema maestria, tutto secondo tecniche antiche, perché il pallino del pezzo unico, pensato come un’opera, ce l’ha nell’anima, a dispetto dell’oggetto finito, quello industriale per intenderci, che non ha mai mandato giù. Ma, beninteso, il suo tratto è lungi dal rifugiarsi nel passato, tutt’altro, non c’è nulla di più moderno dei suoi gioielli, visti esposti anche in mostre collettive e personali, e destinatari di premi.

Eros

Si riconosce in una persona pigra, di temperamento schivo e non competitiva, ma è determinata. Con lei non si parla di business, di mercati, di trade e neppure di trend, perché fare tendenza non le interessa, l’arte non è una questione di moda. Ai contatti con il mondo ci pensa Maria Sabia, sua mamma, sua mecenate, sua mentore.

È fedele al proprio stile – istintivo, austero, immaginifico, anarchico, dall’andamento irregolare per mettere in primo piano tutto, niente e il contrario di tutto. In una sola parola: ‘anticlassico’. L’ispirazione la coglie dall’increspatura dell’acqua, da una lieve traccia organica, dalla fantasia di Italo Calvino che le ricorda che “Non si vede bene che col cuore, come pure dalla fantascienza, altra sua passione, e a ben guardare qualcosa di alieno nelle sue creazioni c’è.

Da piccola disegnavo sempre, su ogni superficie. Ora non più, o molto raramente. Seguo un rituale lento ed intimo interfacciandomi con la materia senza preliminari. Mi sento responsabile della sua continuità e la maneggio con curiosità e attenzione. Non posso possederla ma posso toccarla. Sono molto ‘fisica’ e anche solo sfiorandola capisco come fare di una fragilità un punto di forza. Creo un legame stretto con gli elementi perché mi suggeriscono la piega che prenderanno le mie ‘creature’, il più delle volte diversa da quella immaginata e di grande sorpresa. Ciò che ho in testa è solo l’incipit, raggiungere la completezza è compito del metallo e delle pietre – che scelgo personalmente per colore, qualità e provenienza – che sembrano seguire una traiettoria svincolata dai cliché, e questo è eccitante”.

A quale ingrediente Manuela non rinuncerebbe?
Al tempo. Ha un valore sconfinato. Lo consumo a piccole dosi perché è indipendente e svicola via che nemmeno te ne accorgi. Lo centellino. Lo domino con la lentezza, per vivere anche una pausa obbligata da un intoppo come un momento di riflessione. In quello che faccio investo tutta la mia sensibilità per lavorare bene, senza fretta e approcciarmi con calma reverenziale al banchetto. Solo così posso dirmi soddisfatta.”

Manuela non ha un gioiello preferito. Sono tanti e tutti la emozionano, come tutti i colori la entusiasmano, anche se paradossalmente è nella trasparenza delle gemme che vede insinuarsi e diffondersi la più abbagliante luminosità. L’incolore è la luce, sostiene.

«Mi sento responsabile della continuità della materia»

Oro, argento, diamanti, pietre preziose. I materiali sono quelli canonici, ma ha un debole per il bronzo che non è tra i nobili par excellence, neppure è un metallo da investimento. Perché allora? “Per la sua specifica valenza! Come ho detto mi sento responsabile della continuità della materia e, giacché a nessuno verrebbe in mente di rottamare un oggetto di bronzo, mi piace immaginare che, inconsapevolmente, lo si destini ad un tempo straordinario in cui potersi raccontare alle generazioni a venire passando di mano in mano o semplicemente raccontare un ricordo”.

Chi acquista le creazioni di Manuela Telesca?
Il gioiello è inessenziale ma quando è fatto a mano diventa una sorta di memoria perché dentro porta tutte le emozioni di chi lo ha creato, e rimangono lì, accucciate come le gemme. Credo che chi compra un gioiello cerchi questo elemento irripetibile di riconoscibilità”.

Ed è solo all’inizio!

https://www.manuelatelesca.it

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