Serra Yilmaz. Niente di preconfezionato
Lo percepisci dai suoi occhi di un celeste immenso che puntano dritti al cuore: la bellezza vera, nel senso più esteso, è nell’individualità, la chiave di volta che può respingere il pensiero globalizzante. Serra è una donna senza maschere, candida, con la genuinità del fare ed il piacere di essere quello che è, mettendo da parte l’orgoglio delle proprie tradizioni per affacciarsi sull’altrove. Autenticamente se stessa, dalla personalità interessante e un modo di parlare ‘strano,’ ricco di particolari, che lascia trasparire le proprie origini – è nata ad Istanbul ma la sua storia, per ora, prosegue tra Parigi e Firenze, quasi una seconda patria. Poi, chissà.
Mi piace sottolineare la sua disposizione all’ascolto, un atteggiamento raro che è già inclusività.
Alzi la mano chi non la vorrebbe per amica.
È puro talento con l’attitudine all’arte, ma schiva al presenzialismo. È uno dei volti più riconoscibili del cinema d’autore contemporaneo. Un’antidiva di successo – quel suo recitare accorcia le distanze tra palco e platea, quasi confonde personaggio e interprete (Serra è Serra nella locandina di Le fate ignoranti di Ferzan Özpetek, di cui è la musa ispiratrice). Numerosi sono i riconoscimenti ed eccezionale il seguito di sostenitori che da tempo ha imparato a conoscerla – La dea fortuna, Rosso Istanbul, Saturno contro…, sono solo alcuni dei film a cui ha preso parte.
Prende tutto seriamente con molta ironia, va avanti per visioni antitetiche. Basti guardare con che inusuale freschezza porta i capelli che cambiano colore come il mare. Ha un significato recondito questa scelta? “Ma no, è solo un capriccio: quando la capigliatura arcobaleno ancora non era di moda (poco meno di 30anni fa), vidi mia figlia Ayşe china su un libro di René Descartes, e rimasi colpita dalle punte fuxia della sua chioma”. Non arricciò il naso, tutt’altro. Condivise quell’approccio spensierato e disse “Li voglio anch’io. E così il mio primo ciuffo blu” – allora accolto dalla gente per strada come un’autentica rivoluzione – “apparve anche sul grande schermo”. Ma non lasciatevi ingannare, si nutre di semplicità, le sue scelte non sono che piacevoli metamorfosi che innovano il classico. Piccoli vezzi. Come i gioielli, che spiega. “Mi piacciono grandi, eccentrici, di design. Per la maggior parte quelli che ho sono creazioni di mie artiste/amiche di Istanbul”, ma aggiunge “anche se i gioielli non hanno nazionalità”. Come l’arte d’altronde. Arte che quando chiama Serra risponde: mossa incessantemente da nuovi impulsi, ha trasferito la propria popolarità a favore dell’edizione 2022 della Florence Jewellery Week, indossando, nel ruolo di testimonial d’eccezione, alcuni dei lavori in mostra. Che ha personificato alla sua maniera.
Non è una collezionista ma il suo portagioie, come una matrioska, svela una vivacità dopo l’altra, un’infilata di suggestioni cosmopolite. Sollevi il coperchio ed eccoti davanti ad una inaspettata wunderkammer, termine perfettamente adeguato per un eccentrico universo che, a ben vedere, offre anche altre interpretazioni, perché no, finanche sottili riferimenti alla diversità del mondo – ‘È quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva’ direbbe Robin Williams nelle vesti del professor Keating.
Li ama gli eccessi, ma dosati secondo le proprie regole. “Preferisco gli anelli e gli orecchini, ma a volte anche ciondoli, per esempio quelli cinetici di Futuro Remoto”, sottolinea. È una grande passione, una pratica abituale del suo spirito libero.
Gioielli o bijoux? “È indifferente, del resto il valore monetario non è importante, purché sia la rappresentazione di un’idea vincente e che rispetti elevati standard qualitativi. Il gioiello non si ferma ad una collana, c’è tanto altro. Se fatto a mano, poi, ha un altro sapore”.
Mai senza? Le chiedo. “Sono spesso in viaggio e per ragioni funzionali, direi pragmatiche, direi proprio mai senza un accessorio. Personalizza e può tirarti fuori da un’impasse. L’anno scorso ero ad Istanbul quando mi arriva l’invito alla presentazione di ‘Le fate Ignoranti’. Non ho tempo per scegliere una mise adeguata e immagino che un abito nero mi possa aprire la via d’uscita. Ma mi guardo allo specchio e non mi convince, è troppo spartano per l’occasione. Allora cambio scarpe, cintura… ma il risultato è sempre lo stesso, così decido di accostorci una coiffe piumata di Cécile Boccara e come per incanto diventa tutta un’altra cosa. L’effetto a contrasto è quello che ci voleva. Sai – aggiunge – un gioiello, un accessorio, è molto più di un dettaglio. È quel qualcosa che non ti delude mai”.
Mi conquista il suo essere insofferente alla ripetitività e la saluto sperando di ritrovarla presto con quel contagioso modo di tenere accesa la realtà di piccoli entusiasmi che scova in ogni perché.
loredana
En sevdigim oyuncu.
Grande Serra