Vincenzo Giannotti. L’esperienza del TADS
Imprenditore di successo, ha traghettato l’azienda di famiglia verso la trasformazione in un grande gruppo produttivo
Vincenzo Giannotti, classe 1957, incarna la terza generazione di una famiglia votata al gioiello e che oggi esprime le proprie attività con quattro società e diversi business. Suo nonno Amedeo Giannotti iniziò l’attività orafa in un piccolo laboratorio nel centro storico di Napoli; negli anni ’50 suo padre Roberto aprì il primo punto vendita al dettaglio e di distribuzione all’ingrosso. Socio fondatore del Tarì di Marcianise e presidente di Confedorafi nel 2003, per quattro anni, dal 2011 a oggi Vincenzo Giannotti ha guidato la Scuola di formazione del Centro orafo, Tarì Design School, succedendo al fondatore Francesco Di Gennaro e a Ettore Pucci Pane (al quale ha fatto intitolare l’aula informatica).
Un percorso lungo e scandito da tanti obiettivi, in gran parte raggiunti, che racconta a Preziosa Magazine con l’emozione di chi non ha rimpianti, o ne ha pochi.
Quali traguardi ha messo a punto come presidente del Tads?
Gli obiettivi raggiunti, frutto di un lavoro di squadra e di un consiglio composto da diverse anime, sono difficili da elencare tutti. Siamo partiti da un ammodernamento delle attrezzature destinate ai nostri allievi – oggi 104 in tutto – e l’accreditamento all’ETA SA Manufacture Horlogère Suisse, dove i migliori studenti possono frequentare il programma di studi specialistico all’Eta Training Center, in Svizzera.
Abbiamo fornito il laboratorio di incassatura pietre di 16 microscopi – uno per ogni allievo, strumento sempre più necessario e abbiamo rafforzato il rapporto con l’Istituto Gemmologico Italiano con cui è attiva la collaborazione per i corsi su diamanti, pietre di colore e perle. Siamo sede formativa IGI per il sud Italia e dal 2014 abbiamo ottenuto anche la certificazione ISO 9001.
La figura che viene fuori dal Tads è un artigiano?
È riduttivo pensare solo a questo. Le competenze del settore richiedono un professionista che sia al contempo artigiano, artista, riparatore, gemmologo. La Scuola offre tutto questo: percorso completato da un ciclo di studi sul design del gioiello per nuovi linguaggi estetici. Abbiamo voluto adeguare la formazione al mercato.
Una preminenza provata anche dal riconoscimento da parte della Fondazione Cologni sui mestieri d’arte: tads è stata inserita tra le 17 scuole italiane d’eccellenza presentante nel volume “La regola del talento. Mestieri d’arte e Scuole italiane d’eccellenza” nato dalla collaborazione con la Fondazione DeutscheBank Italia.
Qual è il vantaggio per chi si iscrive?
Iscrivendosi al tads ci si inserisce in una rete di teoria, pratica, cultura e esperienza. Un esempio? A gennaio la Scuola è stata invitata a partecipare ad un ciclo di workshop organizzati all’International Jewellery Tokyo grazie al supporto dell’ICE Agenzia.
Il prossimo settembre saremo presenti ad EXPO in partnership con il Birrificio Poretti presso il padiglione Italia con un gioiello progettato dai nostri ex studenti e realizzato dagli allievi della Scuola. I migliori studenti del Corso di Orologeria possono accedere a stage semestrali nel colosso del lusso Richemont. Abbiamo portato a termine un primo esperimento di Summer School – tre mesi intensivi di studio tra Svezia e Italia organizzata dalla Fondazione il Tarì e finanziata dalla Regione Campania con borse di studio per la realizzazione di collezioni moda. Potrei continuare ancora a lungo.
Quanti ragazzi si collocano nel mondo del lavoro al termine dei percorsi formativi?
Dati certi ne abbiamo rispetto al Master moda e gioiello finanziato dalla Regione, che registra una collocazione di circa l’80% degli allievi.
Il tads, inoltre, è capofila del Polo Orafo finanziato dalla Regione Campania (in procinto di diventare operativo) e partecipa ad altri due poli, rispettivamente quello Turistico con l’Istituto Degni di Torre del Greco, e quello del segmento Moda con i brand Kiton, Russo e Carpisa.
Rimpianti?
Nessuno. O meglio, nessun rimpianto dal punto di vista del mio arricchimento interiore, reso possibile dal meraviglioso rapporto con gli allievi. Certamente c’erano progetti che avrei voluto seguire ancora, come il consolidamento del laboratorio tra ragazzi ed esperti del settore di matrice artigianale ma anche industriale; l’inserimento di una prototipatrice per chi segue i corsi sulla stampa 3D; l’apertura di una sede a Milano per un laboratorio internazionale.
E mi sarebbe piaciuto lavorare per allargare la compagine dei soci della Scuola (il socio maggioritario è la consortile del Tarì): una scuola non può solo autosostenersi, aziende e istituzioni come per esempio le banche dovrebbero poter investire nei professionisti del futuro. Insomma, pensandoci bene qualche rimpianto c’è.
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