
Uno scrigno di capolavori e rarità
Nel cuore di Milano, il Museo Poldi Pezzoli, il sogno di un erudito per gli amanti della bellezza
Se c’è un indirizzo a Milano che apre le porte alla meraviglia è in via Manzoni 12, a duecento metri dal teatro alla Scala. È il museo Poldi Pezzoli nato dalla mente illuminata del raffinato collezionista ed erudito Gian Giacomo Poldi Pezzoli che dalla metà dell’Ottocento avvia il suo progetto dando vita alla casa museo, sostenuto non solo dalla sua cultura ma da una ingente disponibilità economica derivata dal patrimonio di famiglia che deteneva l’appalto delle tasse per il governo austriaco. Divenuto patriota durante i moti risorgimentali del 1848 fu esiliato e nel mentre poté viaggiare tra la Francia, Svizzera, Italia e Inghilterra, acquisendo conoscenze ed amicizie internazionali che contribuirono alla creazione della sua raccolta che, a partire dal 1849 quando rientrò a Milano, si costituì intorno al primo nucleo di armi antiche e in seguito ai dipinti del rinascimento italiano (tra i più famosi della raccolta si annoverano opere di Botticelli, Andrea Mantegna, Previtali e Piero del Pollaiolo con il suo Ritratto di Dama, la vera icona del museo).

Parallelamente all’accrescimento della sua collezione, Gian Giacomo si occupò dell’allestimento della sua casa, prezioso scrigno di una raccolta di primissimo ordine che necessitava di un’adeguata sede. Affidati alle mani ed ai progetti dei più importanti decoratori del tempo, furono creati spazi eclettici che potevano competere con i gloriosi palazzi del passato. Purtroppo, dell’integrità di quegli ambienti che furono distrutti nei bombardamenti del 1943, resta solo una preziosa testimonianza nello studiolo dantesco.
Gian Giacomo morì nel 1879, ma ben prima, nel 1871 aveva legato quel suo patrimonio alla costituzione di un Museo che aprì al pubblico nel 1881 e che ancora oggi possiamo ammirare grazie anche all’impegno profuso da chi lo ha succeduto, proseguendo con impegno nella missione.
Dispongo che l’appartamento da me occupato nell’ala tra il giardino e le due corti del mio palazzo via del Giardino 12 colla Armeria, coi quadri, coi capi d’arte, colla biblioteca e coi mobili di valore artistico che vi si troveranno all’epoca di mia morte costituisca una Causa o Fondazione Artistica nel senso che venga mantenuto […] ad uso e beneficio pubblico in perpetuo colle norme in corso per la Pinacoteca di Brera”

Grazie a generose donazioni, nel corso del XX secolo, il museo ha ampliato le sue collezioni e i suoi spazi dedicati tra l’altro alla raccolta degli ori e degli orologi che presentano capolavori di grande pregio. C’è da dire che Gian Giacomo non ha mai avuto una moglie o una compagna ufficiale e tutti i gioielli acquistati e citati nei registri erano destinati a creare un’altra sezione importante delle sue raccolte, e non è un caso che scegliesse solo oggetti originali ed integri di grande manifattura come ad esempio la croce stazionale del XII secolo o la cassetta reliquiario di Limonges del XIII secolo ricoperta di smalti champlevé.

Grande interesse vi è poi nella raccolta di oltre cinquanta anelli databili dal Medioevo all’Ottocento e tra essi uno risalente al Cinquecento caratterizzato dal castone apribile e che dietro quattro mezze piccole perle nasconde un esiguo vano che probabilmente custodiva un profumo, essenziale rimedio per il cattivo odore. Un gioiello più intimamente legato alla famiglia è invece la simbolica “parure del lutto” appartenuta a Rosina Trivulzio, madre di Gian Giacomo, indossata da lei nel periodo della vedovanza. È realizzata in giaietto (o gagàte), un minerale di origine vulcanica che non riflette la luce e scelto per questa sua virtù nel rispetto delle regole del lutto che non ammettevano superfici riflettenti.
Orologio da tasca, Moricand et Degrange. In oro, smalto, pietre semi-preziose e turchesi, ø 42 mm (inventario n. 5993)
Quella dei Lover’s Eyes è una moda risalente a Giorgio IV di Hannover, erede al trono di Inghilterra, e al suo amore “segreto” per Maria Fitzherbert (nobildonna già vedova, più grande di lui e che sposerà morganaticamente nel 1785) testimoniato da un piccolo medaglione con la raffigurazione dell’occhio di lei, un pegno d’amore per una relazione inconfessabile.
Tra gli altri raffinati ed esclusivi tesori del Museo, custodi di storie – e qui ci spostiamo nella straordinaria sezione dei segnatempo con oltre cinquecento esemplari -, vi è un orologio da tasca del 1830 che richiama i “lover’s eyes”. Realizzato dalla Maison Moricand & Degrange di Ginevra ha la cassa in oro decorata da quarzi e turchesi che circondano “un occhio dalle iridi scure” di uno sguardo innamorato. In questo spazio che raccoglie i misuratori del tempo – uno dei più ricchi e varii nel mondo – si sono aggiunte negli anni, all’originaria raccolta di Gian Giacomo, tre importanti collezioni private, quelle dell’architetto Pietro Portaluppi, di Bruno Falck industriale dell’acciaio e dell’imprenditore Luigi Delle Piane.
Nel variegato patrimonio si annoverano diversi orologi solari di cui è protagonista una rarità come la “navicella in avorio” datata 1524 creata per il re Francesco I di Francia ed alcuni tra i più antichi orologi meccanici risalenti al Cinquecento o ancora, l’orologio ad altare che reca la decorazione ad olio del pittore Baciccio che raffigura nel 1670 il Tempo che scopre la Verità che con il Sole mette in fuga la Menzogna. Ma forse tra gli oggetti più affascinanti c’è l’automa costruito in Germania nel 1610: Il carro di Diana, in bronzo dorato, argento, ottone e smalti, capolavoro dell’orologeria meccanica, un prodigio animato che si muoveva al centro di tavole imbandite per animare i conviviali.

Il Museo Poldi Pezzoli rappresenta, con la sua anima variegata, lo scrigno prezioso di una grande passione, custode di capolavori immortali ma anche di storie ed aneddoti che raccontano i valori della conoscenza e della bellezza, quella vera e raffinata della Dama del Pollaiolo che con la sua silhouette accoglie i visitatori nell’elegante palazzo di via Manzoni.

Ritratto di giovane donna. Piero del Pollaiolo, ca. 1470. Tavola (pittura a tempera, pittura a olio) 1470 circa
Il volto della dama è l’icona e simbolo stesso del Museo. Ritratta di profilo indossa gioielli, simboli dell’amore coniugale: il bianco delle perle evoca la purezza, il rubino la passione amorosa. Probabilmente il ritratto è stato eseguito in occasione del matrimonio della giovane donna.
A treasure chest of masterpieces and rarities.
In the heart of Milan, the Poldi Pezzoli Museum, the dream of a scholar for lovers of beauty
If there’s an address in Milan that opens the door to wonder, it’s via Manzoni 12, just two hundred meters from La Scala theatre. This is where you’ll find the Poldi Pezzoli Museum, the creation of the refined collector and erudite Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Starting in the mid-19th century, he brought his vision to life, establishing a house-museum – backed not only by his deep culture but also by the substantial wealth inherited from a family fortune tied to tax contracts with the Austrian government. Becoming a patriot during the 1848 Risorgimento uprisings, he was exiled and used that time to travel through France, Switzerland, Italy, and England. These travels enriched his knowledge and international connections, which in turn contributed to the creation of his collection. Upon returning to Milan in 1849, he began assembling what would become the museum’s core: an impressive array of ancient weapons and later, Italian Renaissance paintings. Among the most famous works are those by Botticelli, Andrea Mantegna, Previtali, and Piero del Pollaiolo, whose Portrait of a Lady remains the true icon of the museum.
As his collection grew, Gian Giacomo turned his attention to designing his home, a refined treasure chest that demanded a setting worthy of its contents. Entrusting the project to some of the era’s leading decorators, he created eclectic spaces that rivaled the grand palaces of the past. Sadly, many of these interiors were destroyed in the 1943 bombings, with only the Dantean study remaining as a precious witness to their former glory.
Gian Giacomo died in 1879, but as early as 1871 he had already bequeathed his collection to establish a museum. It opened to the public in 1881 and continues to thrive today, thanks to the dedication of those who followed in his footsteps.
Thanks to generous donations, the museum expanded throughout the 20th century, including a collection of goldwork and timepieces that feature some truly exquisite masterpieces. It’s worth noting that Gian Giacomo never married or had an official companion, and all the jewels he purchased – carefully recorded in his ledgers – were intended for his collection. He selected only original and intact objects of high craftsmanship, such as the 12th-century processional cross or the 13th-century Limoges reliquary casket covered in champlevé enamels. Particularly fascinating is the collection of over fifty rings dating from the Middle Ages to the 19th century. Among them is a 16th-century ring with a secret compartment hidden behind four small pearls – likely used to hold perfume, an essential remedy for unpleasant odors. One especially personal piece is the symbolic “mourning parure” worn by Rosina Trivulzio, Gian Giacomo’s mother, during her widowhood. Made of jet (or gagate), a volcanic mineral that doesn’t reflect light, the jewelry respected mourning customs that forbade reflective surfaces.
Among the museum’s other rare and refined treasures – now moving into the extraordinary timepiece section with over 500 examples – is an 1830 pocket watch evoking “lover’s eyes.” Created by the Maison Moricand & Degrange of Geneva, its gold case is decorated with quartz and turquoise stones surrounding a single dark-eyed gaze full of affection. This impressive timepiece collection – one of the richest and most diverse in the world – was enhanced over the years by three major private collections: those of architect Pietro Portaluppi, steel magnate Bruno Falck, and entrepreneur Luigi Delle Piane. Among the unique items are various sundials, including the rare 1524 ivory ship-shaped sundial made for King Francis I of France, as well as some of the earliest mechanical clocks dating back to the 16th century. Not to be missed is an altar clock painted in oil by Baciccio in 1670, showing Time revealing Truth as they drive away Lies with sunlight. But perhaps the most enchanting piece is the 1610 automaton from Germany: Diana’s Chariot, made of gilt bronze, silver, brass, and enamel – a mechanical marvel designed to move across banquet tables and entertain guests.
The Poldi Pezzoli Museum, with its multifaceted soul, is a precious trove born of a great passion. It is a guardian of timeless masterpieces and storied artifacts that celebrate the values of knowledge and beauty – especially the refined elegance of Pollaiolo’s Lady, who welcomes visitors with her graceful silhouette into the noble palazzo on via Manzoni.

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