Setrak Tokatzian, vista speciale su San Marco
In piazza San Marco una delle più belle gioiellerie d’Italia
I suoi avi disegnavano monili per gli zar, lui invece per la clientela internazionale che entra nel suo negozio, le cui vetrine si affacciano su uno dei luoghi più amati, ammirati e sognati del pianeta: piazza San Marco a Venezia.
È una storia che ha origini lontane quella di Setrak Tokatzian, che parte dall’Armenia del XVIII secolo, quando le creazioni degli antenati di sua nonna venivano indossate alla corte degli Imperatori di tutte le Russie. Poi il Novecento, con il genocidio e la fuga di nonna Astra Sabondjan prima verso la Grecia, poi a Vienna e infine a Venezia, dove arrivò durante il secondo conflitto mondiale con i quattro figli, tra cui Apollo, il padre di Setrak e il primo ad aprire un’attività in piazza S. Marco, al numero 43.
«Inizialmente non si trattava di gioielli – racconta il figlio – ma di un corner fotografico all’interno dell’agenzia viaggi “Budapest”, di un conte ungherese, che con l’arrivo dei russi nel suo Paese rientrò in patria, lasciando il negozio a mio padre e al suo socio. A quello nel 1969 ne seguì un secondo, di tovagliato, al numero 16 e nel 1969 un terzo al civico 65, dove nacque la prima gioielleria, chiamata Astra, come mia nonna».
Ancora, però, non si parlava di alta gioielleria. «La svolta arrivò nel 1988, quando stimolato da Ottavio Croze, uno dei titolari di Missaglia (storica gioielleria veneziana passata a Damiani a fine 2015, ndr) aprii il mio negozio al posto di quello di tovagliato, dove si trova tuttora. Iniziai con Pasquale Bruni, per me un grande maestro, che mi ha aiutato e fatto crescere tantissimo, una persona splendida che considero come uno zio. La partenza, comunque, non fu facile, i primi tempi nessuno mi considerava, adesso invece….».
Nelle vetrine, accanto al marchio valenzano, ci sono infatti i migliori nomi della gioielleria e dell’orologeria di lusso. Oltre alle sue collezioni.
Dopo qualche generazione, infatti, Setrak ha ripreso la creatività degli avi, anche grazie alla collaborazione con l’amico Max Staurino. «Ci conosciamo fin da quando eravamo piccoli e guardavamo i nostri padri lavorare assieme – racconta -. Quando ho aperto la gioielleria è venuto a mostrarmi i suoi pezzi e a un certo punto gli ho detto: Mettimi New York in quel bracciale. Lui l’ha fatto e così è nata Skyline».
Una linea di bracciali – ma anche anelli, orecchini, ciondoli e charm in oro, platino, madreperla e diamanti ispirati a gli skyline di New York, Mosca, Tokyo, Dubai, Abu Dhabi, Cortina e Venezia. «Erano i primi anni 2000 – continua – e per quanto avessi già creato gioielli, da quel momento ho voluto dare ai miei pezzi un’identità e ho messo il mio nome. Quella collezione era stata pensata soprattutto per gli stranieri, invece ad acquistarla sono stati in particolare gli italiani ed è stata indossata da diversi personaggi».
Se in Skyline Venezia era solo uno dei profili, un’altra collezione è proprio dedicata ad un tratto distintivo della laguna. «Ho la fortuna di vivere in una città meravigliosa, definita da Monet “Impressionismo in pietra”. Ogni angolo, ogni secondo, ogni vista di Venezia mi ispira. L’acqua stimola la mente. La collezione Murazzi nasce da una passeggiata con i cani sulle dighe costruite dai veneziani, che non sono certo il Mose… I Murazzi, appunto. Quella sera mi si ruppe una scarpa, si staccò la suola, e chinandomi osservai i tanti colori delle pietre, rosa, bianche, grigie. Arrivato in laboratorio spiegai l’anello che volevo ad Emiliano Favaro, colui che crea i miei sogni insieme a Riccardo Macatrozzo e a Michele Marzotto, che li disegna». Da lì nacque una collezione in oro e diamanti di diversi colori, materiali distintivi della creatività di Tokatzian.
Mentre parliamo entra una coppia, la donna mostra a Setrak un bracciale, guarda le collezioni nelle teche, semplici, lineari e lussuose come tutto il negozio, ultimo rimasto con il nome Tokatzian e in procinto di essere raddoppiato (gli altri sono diventati monomarca di Iwc Schaffhausen, Audemars Piguet e Jaeger LeCoultre, mentre quello all’interno dell’hotel Cipriani è stato chiuso dopo un ingente furto). Ma chi sono i clienti Tokatzian? «Sono internazionali e persone di cultura. Quest’ultima è fondamentale per capire cosa c’è dietro a un gioiello, comprendere il vero lusso. Per noi i nostri clienti sono importanti, ci hanno aiutati a crescere. La signora che è entrata ha acquistato probabilmente il bracciale nel 1998 e 18 anni dopo è di nuovo qui. Sono soddisfazioni. Una volta, però, era meglio. Adesso arrivano orientali che partono con la foto e comprano il brand, sull’impulso della pubblicità, ma non capiscono cosa acquistano né perché lo fanno. Mi piace coinvolgere la gente, che il cliente capisca cosa c’è dietro a un pezzo che è costato mesi di lavoro, ogni millimetro del quale ha la sua storia».
In mezzo a tanto splendore non si può non chiedere cosa sia per lui il lusso. «È una cosa che mi domando ogni giorno. Credo che il lusso sia non un brand o il marketing che lo accompagna. La firma l’hanno in tanti. Il vero lusso è per pochi, una cosa bella, con una lavorazione complicatissima, difficoltà di esecuzione e ricerca, che giustificano il costo alto. Sta nella difficoltà di crearlo, non di trovarlo». In un momento in cui ogni scoppio fa paura, la nuova collezione è un’esplosione. «In “Explosion of Love”, faccio esplodere le parole “love”, “amour”, o “amore” in gioielli in oro bianco e diamanti, che saranno realizzati anche in oro rosa, diamanti brown e pietre preziose».
Ma il futuro non riguarda solo i gioielli. «Da tempo creo quadranti per orologi, ma non penserei mai di realizzarne uno col mio nome, i meccanismi è meglio che li faccia chi sa. Al prossimo Baselworld, però, ci sarà certamente un orologio Swiss Made con quadrante firmato Tokatzian».
Infine la famiglia. Se infatti Setrak dopo generazioni ha recuperato l’arte avita, per ora non c’è nessuno che pensi di seguire la sua strada. «I miei figli stanno frequentando medicina, marketing e studi internazionali, ma nessuno ha mostrato interesse per l’azienda. Può essere che la mia presenza sia ancora troppo ingombrante. Spero che uno di loro si faccia avanti, perché è vero che c’è stato un salto di svariate generazioni, ma in questi ultimi anni ci siamo dati parecchio da fare, sarebbe un peccato».
Carla Pozzi Arzano
Anni fa vidi in vetrina degli orecchini di brillanti che avevano come soggetto una mela morsicata. Ancora oggi desidererei averli.