Sveva Casati Modignani. Una storia che ruota intorno al corallo
In “Palazzo Sogliano”, che ruota intorno ad una famiglia di corallari di Torre del Greco, la scrittrice racconta la grande tradizione torrese
Il corallo diventa come una malattia ereditaria, te la porti dentro per tutta la vita e non puoi farne a meno. Così parla dell’oro rosso Sveva Casati Modignani nel suo ultimo romanzo, “Palazzo Sogliano”, che ruota intorno ad una famiglia di corallari di Torre del Greco. Una terra dove lo spirito di avventura è pari solo all’incredibile solidità della famiglia: due caratteri che hanno colpito la scrittrice alcuni anni fa, mentre era in visita nella cittadina campana in occasione del bicentenario della lavorazione del corallo. Ma a raccontarlo a Preziosa Magazine è lei, che ha scelto proprio Torre del Greco per una delle presentazioni del suo 26esimo libro. Qui, ad accoglierla, Tommaso Mazza, presidente di Assocoral, che ha organizzato la serata in suo onore. O meglio, in onore del corallo.
Perché Torre del Greco? Perché un corallaro come protagonista?
“Questo mondo mi ha letteralmente catturata. Nel 2006 sono arrivata in questa cittadina sul mare per fare da madrina a una rassegna di giovani stilisti: una milanese come me non poteva che restarne incantata. Ma ancor più della bellezza dei luoghi, mi colpì la gente. Ho avuto allora l’opportunità di ascoltare i discorsi dei corallari: prima di quel momento, del corallo non sapevo niente. Non immaginavo quale straordinario mondo si nascondesse dietro questa meraviglia naturale. Due giorni mi sono bastati a ripartire verso casa con questo intento: Devo raccontare la storia del corallo”.
Che ruolo ha l’oro rosso nel suo romanzo?
“Tutto, in Palazzo Sogliano, ruota intorno al corallo. A partire dalla storia d’amore tra Edoardo, corallaro da generazioni, e una donna del Nord, Orsola, che impara ad amare il lavoro del marito fino a sceglierlo anche per se stessa. Tra loro, in una continua ricostruzione di passato e presente, anche il figlio che, a un certo punto della sua vita, decide di prendere le distanze dal corallo. Ma è sempre a Torre del Greco che farà ritorno, perché il corallo te lo porti dentro per tutta la vita. Questo è il messaggio più profondo che ho raccolto ascoltando chi vive in questa città. I torresi non si arrendono mai e vivono per il corallo generazione dopo generazione sempre con lo stesso entusiasmo”.
Nel suo portagioie quanto è presente il corallo?
“Comparso solo da qualche anno tra i miei gioielli, ora lo porto come segno di buona sorte. L’editore, all’uscita del romanzo, ha regalato a me e alla forza vendita un corno di corallo: sarà suggestione, ma da quando lo indosso non me ne va più storta una. Oggi mi piace questo elemento scaramantico del sud: comincio a crederci anche io. Per il resto, mi divertono molto i bijoux”.
Crede che l’arte di lavorare il corallo sia nata qui soltanto per la vicinanza con il mare?
“No, sarebbe riduttivo pensarlo. Questo popolo è incredibile: il corallo è simbolo di Torre del Greco non soltanto per questioni ‘logistiche’, ma anche grazie all’indole dei suoi abitanti, al loro senso di avventura, e la loro centralità della famiglia ha reso possibile la nascita di aziende straordinarie e storiche. I corallari girano il pianeta e tornano qui, a realizzare un’arte unica al mondo”.
A cosa non deve rinunciare una donna?
“Alla sua femminilità: mai vestire i panni di un uomo. Alla sua grazia, alla generosità, alla fantasia”.
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