Renzo Arbore. Le spille sono le mie compagne di viaggio

Sono un esteta e ho sempre cercato di guardare più in là anche nel campo della moda, per trovare cose diverse e avere nuovi stimoli

Renzo Arbore

Le limitazioni non sono mai state una sua prerogativa, ma dovendolo “zippare” in un solo termine, potremmo definirlo senza dubbio “Precursore”.

Primo disk jockey d’Italia, primo a trasmettere nel nostro Paese un programma in streaming, talent scout di personaggi come Roberto Benigni e Mariagrazia Cucinotta.
È Renzo Arbore, foggiano di nascita, ma napoletano d’adozione, un artista a tutto tondo, che da anni diverte e intrattiene pubblici eterogenei con format alternativi inondando, al contempo, ogni angolo del mondo con le più belle melodie partenopee.

La nostra rivista si occupa di preziosi. Che rapporto ha con i gioielli?
Le spille sono le mie compagne di viaggio. Ne ho un’infinità. Una delle ultime, alla quale tengo molto, è quella ricevuta in dono all’ultimo Festival di Sanremo da Fabio Fazio. Ha il cavallo della Rai: un tributo chiaramente ironico ai miei molti anni di carriera nella televisione pubblica.

Le sue collezioni sono incredibili. Cosa conserva?   
Dai cappelli a coloratissimi oggetti di plastica passando per le borse da donna. E poi montature per occhiali, orologi da tavolo, utensili da cucina, radio. Vorrei donare tutto a un museo attento, ma non l’ho ancora trovato.

Renzo, quasi tutti i suoi progetti nascono come prodotti di nicchia, ma si rivelano poi grandi successi di pubblico e critica. “Quelli della notte”, ad esempio, ancora oggi è un cult tv. Ci svela il segreto?  
In quel caso, sicuramente, l’improvvisazione. Il fatto di non presentare un programma preconfezionato. Andavamo in diretta e per questo ci arrampicavamo un po’ sugli specchi. Era così che nascevano gran parte degli sketch e i telespettatori lo percepivano e apprezzavano.

Raramente i suoi trionfi sono stati “avvicinati” da altre trasmissioni. La rivedremo a breve in televisione?
Per ora, mi dedico con entusiasmo al Renzo Arbore Channel. L’ho covato a lungo ed ora è realtà. Lo definirei un canale rifugio, dove poter trovare preziosità tv e cinematografiche da guardare ed ascoltare, magari, quando altrove non c’è nulla che soddisfa.

Il suo futuro, dunque, lo vede on-line?
Anche. Grazie a questo canale vorrei proporre una tv d’autore e sentirmi più libero…  senza l’angoscia dei dati auditel.

Cosa guarda in tv?
Principalmente programmi che parlano di arte, Rai Educational e i Tg di Sky… sa (ride), pullulano di belle giornaliste!

Lei è stato un pioniere in diversi campi. Si racconta sia stato il primo ad indossare i jeans a Foggia. Che rapporto ha con la moda?
“Confermo. Sono un esteta e ho sempre cercato di guardare più in là anche nel campo della moda, per trovare cose diverse e avere nuovi stimoli. A casa mi dicevano: vai a toglierti quei pantaloni da elettricista. Sa, sono stato anche tra i primi a vestirmi all’americana a Napoli: con i blue jeans, le giacche strette, i pantaloni corti che facevano vedere i calzini, le cravatte strettissime e i capelli tagliati alla militare.

Allora è vero che la canzone Tu vuó fa l’americano di Carosone, è ispirata a lei?
Pare proprio di sì (ride!). Eravamo ragazzi.

E ora?
Ora, amo i gilet del nonno, quelli ricavati dagli avanzi del vestito buono. Perché gli abiti si logoravano, i gilet mai.

Da poco è uscito il suo nuovo disco “My american way” (Ma con le classiche canzoni italiane)…
Sì, un cd, che contiene una selezione di brani della mia “memoria”. Da “Know it’s Over” (E se domani) a “Stay Here with Me” (Resta cu mme).

Dove la vedremo prossimamente?
Continuerò a girare l’Italia e il mondo con l’Orchestra Italiana, che mi affianca da ormai 23 anni, proponendo le più belle canzoni classiche partenopee, riarrangiate a modo mio, ma sempre con grande rispetto e senza mai snaturarne il senso e l’origine.
Tra l’altro, dal 9 all’11 maggio giocheremo in casa: saremo infatti al teatro Augusteo di Napoli.

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