Fiere, Miami e Singapore a confronto. Moderata soddisfazione anche se manca a tutti la piazza di Hong Kong

Moderata soddisfazione per una fiera abbastanza movimentata, ma comunque non paragonabile a Hong Kong da una parte. Qualche problema di affluenza legato all’uragano Julie, ma anche contatti utili dall’altra.
Tra fine settembre e i primi di ottobre sono state due le manifestazioni di gioielleria che hanno visto esporre le aziende italiane: Jewellery & Gem Fair (Jgw) Singapore in Asia, Jis Fall Show di Miami negli Usa.

La prima, organizzata da Informa Market, è stata il primo evento svoltosi in Oriente dall’inizio della pandemia e ha visto quasi mille espositori da oltre 30 paesi e regioni, proporre le proprie creazioni a 11.125 visitatori da 97 paesi, il 65% dei quali dall’estero. Non un boom, secondo le aziende italiane, ma comunque un momento d’incontro interessante.


Ha risentito di un prodotto forse non troppo congeniale alla richiesta – focalizzata soprattutto sull’oro – Paolo Bettinardi di Better Silver, specializzata in catene d’argento, che comunque ha avuto contatti interessanti.

«A Singapore non c’è stato l’afflusso a cui eravamo abituati a Hong Kong, che per motivi geografici ha un bacino d’utenza diverso»

PAOLO BETTINARDI
Better Silver

Paolo Bettinardi

«A Singapore non c’è stato l’afflusso a cui eravamo abituati a Hong Kong, che per motivi geografici ha un bacino d’utenza diverso. Hong Kong ha la Cina a portata di treno, quindi molti coglievano l’occasione per andare anche là; molti di questi clienti da Australia, Usa, ma anche Asia, non sono venuti a Singapore. In compenso ce n’erano dall’area circostante: Malesia, Filippine, Singapore, Indonesia. Credo sia andata meglio per chi ha portato oro, rispetto all’argento, perché quello è un mercato improntato a quel metallo. Per i catenisti in argento è stata molto fiacca, anche se personalmente ho avuto tre contatti interessanti con catene di negozi dal Vietnam, poi si vedrà. In particolare ha riscosso interesse la collezione di nuovi prodotti con chiusure particolari, soprattutto da uomo, che è piaciuto. Da noi sono venuti soprattutto cinesi, indiani e vietnamiti che non conoscevamo. La clientela era formata sia da catene, che da espositori di area indiana che diventavano poi anche clienti. L’anno prossimo dovrebbe ripartire Hong Kong. È stato interessante vederla, ma non credo che rifarei Singapore».


Abbastanza soddisfatto Enrico Peruffo, di Fratelli Bovo, che conferma comunque come si sia sentita la differenza rispetto a Hong Kong.

«Da un po’ aspettavamo una fiera in Asia ed è stato bello rivedere clienti che non incontravamo da tanto tempo».

ENRICO PERUFFO
Fratelli Bovo

Enrico Peruffo

«È chiaro che non è stata la stessa cosa, ma è comunque stata interessante. Un po’ di movimento c’è stato, anche da parte di clienti di Hong Kong e degli altri paesi asiatici. Da un po’ aspettavamo una fiera in Asia ed è stato bello rivedere clienti che non incontravamo da tanto tempo. Molto limitata è stata invece la presenza di cinesi, che di solito ci sono a Hong Kong. Per quanto riguarda i buyer, da noi è venuta soprattutto la distribuzione organizzata, ma si sono visti anche i negozi. Abbiamo presentato le nostre collezioni, che ormai hanno un Dna stilistico molto preciso e con i quali cerchiamo di rivolgerci a un bacino d’utenza abbastanza ampio, e non ci sono stati prodotti che abbiano ricevuto un’attenzione particolare rispetto ad altri. Quello che noto, invece, è che a parte alcuni mercati che hanno ancora specifiche particolari – come la Cina – il gusto si sta molto globalizzando. Noi non proponiamo argento, ma la sensazione, anche guardando le altre aziende, è che ci sia soprattutto richiesta di oro. Adesso aspettiamo di vedere se quando ripartirà Hong Kong avrà un’affluenza paragonabile a quella precovid o ridotta».


Moderatamente soddisfatto anche Carlo Bernardi, della Chrysos di Borso del Grappa, che condivide la soddisfazione per aver riallacciato i contatti con i clienti asiatici.

«Credo che, se ci fossero ancora difficoltà a Hong Kong, questo evento potrebbe evolversi».

CARLO BERNARDI
Chrysos

Carlo Bernardi

«È andata abbastanza bene e abbiamo avuto la possibilità di incontrare i clienti di quella zona, che non vedevamo da tanto. Chi è venuto da Hong Kong, poi, ha avuto la sorpresa di vedersi eliminare le restrizioni al ritorno. C’erano buyer indiani, asiatici, dall’area del Golfo e dall’Estremo Oriente, soprattutto grossisti e anche noi abbiamo notato una maggiore richiesta di oro, rispetto all’argento. In generale il nostro prodotto è andato bene, senza richieste legate a qualcosa in particolare. Credo che, se ci fossero ancora difficoltà a Hong Kong, questo evento potrebbe evolversi, perché gli asiatici preferiscono una fiera in loco a Dubai. Ovvio che Hong Kong avrebbe un mercato già stabilizzato, con molte aziende che hanno uffici là. Comunque è andata benino, movimento ce n’è stato e ne è valsa la pena».


Raccontano di un’affluenza penalizzata dall’uragano Julie le imprese italiane che hanno partecipato, invece, al Jis Fall Show di Miami, che pur non toccata dal fenomeno, ha visto molte disdette dell’ultimo minuto.

Soddisfatto, comunque, Marcello Pane, che negli Stati Uniti ha una presenza forte e ha beneficiato soprattutto dei contatti seguiti già direttamente dalla sua rete di agenti.

«Abbiamo investito molto sul mercato Usa. Gli Stati Uniti hanno vissuto un piccolo boom e a Miami non c’era moltissima gente, ma chi è venuto voleva comprare. ».

MARCELLO PANE
Marcello Pane

Marcello Pane

«Abbiamo investito molto sul mercato Usa, dove partecipiamo a tutte le fiere. Gli Stati Uniti hanno vissuto un piccolo boom e a Miami non c’era moltissima gente, ma chi è venuto voleva comprare. Abbiamo lavorato sia con le grandi catene che con i negozi privati. Gli operatori erano per la maggior parte dagli Usa, ma abbiamo lavorato bene anche con Canada e Caraibi. I clienti seguiti dai nostri agenti sono venuti tutti e ne abbiamo acquisiti alcuni di interessanti, sia catene che gioiellieri.

Noi siamo conosciuti da anni per i bangle ed è stato un prodotto che si è venduto molto bene. Per noi è stata un’ottima fiera, ma arrivavamo preparati, abbiamo un ufficio in Usa e lì teniamo un vasto assortimento».


Ha notato una particolare attenzione al prodotto uomo Fabrizio Bonato, di Borsari Gioielli, che sottolinea però anche le tante defezioni causate da Julia.

«È stata una fiera molto sottotono, perché a causa dell’uragano Julia molti clienti hanno disdetto all’ultimo minuto»

FABRIZIO BONATO
Borsari Gioielli

Fabrizio Bonato

«È stata una fiera molto sottotono, perché a causa dell’uragano Julia molti clienti hanno disdetto all’ultimo minuto. L’anno scorso era stata inferiore alle attese a causa del Covid, quest’anno per l’uragano, quindi non sappiamo se possa funzionare, anche se grazie all’Ice abbiamo avuto lo stand gratuito. Di solito il pubblico viene dal sud degli Usa e isole caraibiche, in particolare piccoli negozi che fanno acquisti sul pronto. Qualcuno è arrivato da Bolivia, Portorico e Florida, mentre uruguaiani, messicani e dominicani hanno disdetto. Per quanto ci riguarda facciamo molto bene in America Latina e Centrale, soprattutto con il prodotto da uomo in argento e acciaio, con finiture in oro e diamanti. Lavoriamo con Bolivia, Uruguay, Colombia, Cile e Perù, anche grazie al lavoro fatto in fiera ad Arezzo a maggio. Apprezzano il prodotto di design e qualità made in Italy e si rivolgono a noi per avere l’assistenza post vendita di un fabbricante».


Lamenta un livello di offerta non molto elevata, invece, Maurizio Martone di Il Diamante, per il quale la manifestazione è stata comunque positiva.

«La rappresentanza di alta gioielleria era un po’ scarna, ma con il nostro made in Italy siamo riusciti a farci valere e siamo tornati contenti»

MAURIZIO MARTONE
Il Diamante

Maurizio Martone

«Miami è andata abbastanza bene, anche se speravamo di più. La rappresentanza di alta gioielleria era un po’ scarna, ma con il nostro made in Italy siamo riusciti a farci valere e siamo tornati contenti. La clientela presente era di livello medio e il nostro prodotto era un po’ troppo alto. Noi siamo stati contattati da negozi, ma ho visto anche grossisti e attorno a noi si è venduto anche parecchio oro 0 e 14 carati, ma ho visto anche pezzi di valore molto basso. Abbiamo comunque avuto contatti con clienti che erano venuti per curiosità e con un paio di negozi di Miami. Purtroppo, invece, i negozianti di Boston che dovevamo incontrare sono stati bloccati dall’uragano. Peccato perché la location è bella e l’evento è ben organizzato. Noi, comunque, rientriamo soddisfatti, perché avendo un prodotto diverso con i nostri brevetti la spuntiamo sempre».

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