Marcello Manna. Professionalità e passione

I diamanti sono la seconda voce commerciale dell’export ue e abbiamo chiesto a Marcello Manna di raccontarcene

Marcello Manna

Un amore coltivato sin da giovane che, dall’azienda di famiglia al Borgo Orefici di Napoli, ha attraversato molte città del mondo fino ad Anversa, cuore pulsante del commercio delle pietre preziose, dove ha sede la Manna Marcello B.V.B.A.. Quello dei diamanti è un mondo che da sempre affascina e allo stesso tempo è protagonista nell’economia globale: i diamanti sono la seconda voce commerciale dell’export UE e abbiamo chiesto a Marcello Manna di raccontarcene.

Da dove nasce la sua passione?
Da bambino la cosa che mi divertiva di più era andare il pomeriggio nell’azienda di famiglia “agli Orefici” dove mio padre Vittorio m’incuriosiva sempre con qualcosa di nuovo. Tra le prime mansioni che mi ero auto-assegnato c’era quella di ordinare gli articoli del magazzino dove le difficoltà maggiori si presentavano con i gioielli con pietre che neanche la consultazione di libri permetteva una sicura classificazione. E così, dopo la laurea in economia e commercio, la lungimiranza di mio padre mi portò tra i banchi del Gemological Institute of America, dove la visione di un diamante al microscopio sconvolse tutti i miei piani per il futuro: la sua osservazione è un’esperienza incredibile dove il mondo sembra fermarsi, perché la luce rallenta a meno di 125.000km/s.

Ogni volta che seleziona una pietra grezza cosa la affascina di più e le fa immaginare il taglio che le si potrà attribuire?
Svelare il mondo nascosto all’interno di un diamante grezzo è un’impresa eccezionale che in certi casi assume i contorni di un’opera d’arte. Quando ero in taglieria in Israele, dopo il diploma di Graduate Gemologist al GIA, il primo compito assegnatomi fu la pulizia e la manutenzione degli utensili e fu in quel modo che ebbi la possibilità di prendere confidenza con un mestiere molto cambiato negli ultimi anni. Oggi i computer, infatti, forniscono il risultato ancora prima di tagliare effettivamente il grezzo con il vantaggio di sondare tutte le varianti senza rischiare errori per un colpo mal assestato.

Ogni diamante contiene in sé una storia, naturale (a partire dalla sua scoperta) e di appartenenza legandosi alla persona che lo possiederà successivamente; negli acquirenti è ancora presente questa volontà di regalare un valore non solo economico?
A Parigi, come selezionatore di pietre preziose per i grandi gioiellieri della Place Vendôme, raccontavo che il diamante più giovane non ha meno di 900.000 anni mentre i più vecchi oltre 3 miliardi e che loro sarebbero stati solo degli spettatori passeggeri di tale prodigio naturale. In Europa anche se le campagne di marketing istituzionale della De Beers si sono interrotte perché il cambiamento del mercato ha indirizzato gli investimenti pubblicitari in altri paesi più dinamici, posso affermare che l’acquirente europeo oggi è motivato da emozioni e desideri non legati a fattori economici.

Rispetto al passato la tracciabilità dei diamanti (Kimberley Process) sta contribuendo a rafforzare una morale etica del commercio e dell’acquisto, ma quanto ancora c’è da fare?
Dimenticate le immagini di uomini di colore e bambini sfruttati dalla criminalità locale. L’intero processo di estrazione, produzione e vendita dei diamanti è in mano ad aziende quotate in borsa o società sotto il controllo governativo e sottoposte al Kimberley Process Certification Scheme: un accordo tra 80 paesi sotto l’egida dell’ONU che obbliga i governi e le aziende a garantirne la tracciabilità e la provenienza legale. La figura dell’esploratore è oggi rappresentata da geologi, laser e computer che, in ambienti dagli standard di sicurezza elevatissimi, esaminano il materiale estratto, lo classificano e lo inviano sul mercato attraverso i canali di distribuzione. A mio parere quello che c’era da fare “a monte” della filiera è stato fatto ma non sono sicuro che “a valle” sia così, dove tanti operatori, soprattutto in sud-Italia, cercano di resistere ai cambiamenti del mercato con tecniche di vendita a dir poco obsolete.

In questi anni in cui il mercato economico e finanziario è stato travolto dalla crisi e dalle speculazioni, quanto è stato rafforzato l’investimento nel diamante?
Attualmente, lo stallo del mercato immobiliare ed il clima depresso in Europa ha reso gli acquirenti di diamanti consapevoli del bene rifugio che, potrebbe in futuro sostituire il ruolo che fino ad oggi è stato dell’oro. Aumentano, infatti, le offerte di diversificare i risparmi in diamanti e nelle più prestigiose aste mondiali, i diamanti rari, sono proposti come beni esclusivi ed unici!

In termini di cambiamento della società e della cultura, secondo lei il famoso adagio “un diamante è per sempre” sarà valido ancora per i prossimi anni?
Da un recente studio commissionato dalla Borsa diamanti di Anversa, risulta che la vita media residua delle attuali miniere di diamanti operative è di circa 25 anni e che da almeno 15 non sono stati scoperti giacimenti importanti. Secondo molte stime, il ritmo di crescita medio dei prezzi dei diamanti (in dollari USA) dovrebbe essere del 6% all’anno fino al 2018 quando si arriverà ad una situazione di forte squilibrio con scarsità di prodotto, senza considerare l’influenza che avranno sul mercato nei prossimi decenni i nuovi consumatori dei paesi emergenti o di interi continenti come l’Africa… quindi, il diamante è ancora per sempre!

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