Ivan Perini. LuisaViaRoma: la Mecca del Gioiello

Ogni sei mesi sono circa 100/130 i brand che, in base al suo gusto personale e alla sua esperienza, Ivan Perini seleziona per il corner gioielli di una delle vetrine più prestigiose del mercato retail internazionale.

Ivan Perini

Quanto pesa il gioiello nel business di LVR?
Inclusa l’orologeria, uomo e donna, ha una buona rilevanza sul fatturato globale dell’azienda, pur non vendendo prodotti commerciali. In termini numerici la selezione di Fashion Jewelry, essendo più varia e con un range di prezzo più ampio rispetto alla Fine, offre sì più scelta in termini estetici, ma come fatturato siamo quasi alla pari.

Ai fini di business, è giusto ‘regolarizzare’ la produzione con un calendario che segua quello della moda?
La mia ricerca si svolge in due fasi dell’anno, tra Basilea, Parigi, Londra, Milano, Roma e oltreoceano, per presentare poi tutti i brand a Pitti Uomo. Detto questo, i gioielli devono raccontare una storia e per questo non hanno bisogno di stagionalità. Per noi è tuttavia importante un calendario in quanto le selezioni devono seguire un ‘criterio moda’ e ‘di tendenza’ che ovviamente segua la stagionalità. Ma ciò non vuol dire cambiare il ciclo produttivo. Basta essere sempre pronti a seguire i cambiamenti che le stagioni offrono.

Quali sono i tuoi ‘driver’ personali che ti portano a scegliere un designer?
Qualche ‘segreto’ concedetemelo. Ma un concetto stilistico originale, grinta e una manifattura di alto livello sono fondamentali.

È importante il valore del brand ai fine della vendita?
Sì, da un punto di vista di marketing, ma non è tutto. Ho tantissimi new talent che il grande pubblico non conosce, ma con idee stilistiche forti e originalità nel design. Sono stato anche io ‘dall’altra parte’, ne conosco le dinamiche e ho molta più passione nel lanciare la sfida che nel proporre.

Cosa si vende di più?
Statisticamente orecchini, collane e bracciali perché non si hanno problematiche sulle taglie. La Fashion Jewelry ha uno scontrino medio di 300 euro mentre per la Fine siamo sui 2000/2500 con punte fino ai 10mila per i pezzi unici che fanno la differenza.

Come orienti i tuoi acquisti?
Il gioiello Fashion si lega al mood di stagione, ai colori, ai trend. Sul prezioso invece seguo il mio gusto e il mio modo di intendere la gioielleria. Nell’ultimo anno mi sono lasciato influenzare dai colori vivaci e pastello.

Una tua personale fotografia del mercato del gioiello.
Oltre alla crisi mondiale, oggi è cambiato molto il modo di pensare l’acquisto. Le donne hanno la cassaforte piena, hanno comprato in maniera massiccia negli anni ‘90 e 2000, e cercano qualcosa di veramente speciale, rendendo così più selettivo e impegnativo il nostro lavoro. Il cliente LVR è internazionale, da qui il bisogno di avere molti brand e di fare un grosso lavoro di fidelizzazione che punti su garanzia e serietà. Grazie a questo, oggi il cliente LVR acquista senza timori anche online.

Quali sono le tue principali ‘fonti’ di scouting?
Viaggiare. Devo essere sempre informato, vedere cosa fanno, come progettano, per avere una visione completa del lavoro. Certo, le fiere di settore aiutano, ma non posso prescindere dallo scouting personale.

Un punto di forza di LVR e la principale debolezza del sistema retail italiano?
LVR è un’azienda gestita dalla stessa famiglia dagli anni 1930 e questo è una garanzia che, in un mercato globale dove tutto è effimero, fa la differenza. Penso che la vendita di un gioiello, pur avendo una forza intrinseca, non sia fine a stessa, ma legata a un contesto, ha bisogno di far parte di un look. Da qui la difficoltà rispetto al passato, di proporre un gioiello in modo diverso.

Perché c’è sempre una forte dominanza di designer stranieri rispetto agli italiani?
Mi spiace dirlo, ma abbiamo perso la fantasia, l’estro che ci ha sempre contraddistinto, la voglia di stupire il cliente con la maestria. L’Italia non presenta più i nuovi talenti e io sono costretto a guardare oltre confine dove c’è maggiore originalità nel design e azzardo stilistico.

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