Lino Raggio un artista riluttante alla mondanità
Chi lo ha conosciuto lo descrive come un uomo colto, ottimista, affidabile, di poche parole ma capace di grandi decisioni. Imprenditore eccelso aperto a tutte le novità
Discreto ma sempre presente, da vero regista. Aveva grande confidenza con il lavoro manuale, se ne stava ore ed ore chino sul suo banco ad “infilare”, in compagnia della radio sintonizzata sulla stazione di musica classica, tra le sue passioni (nel ricchissimo archivio del brand non mancano sfarzosi pezzi, interamente fatti a mano da esperti artigiani, per le eterne rivali Maria Callas e Renata Tebaldi, per la Kabaivanska e Renata Scotto. Lino Raggio nacque nel secolo passato, di quell’epoca ha respirato e selezionato ricordi collezionando cose antiche in fede di un modus operandi ambizioso, lontano dal consenso facile. Apparteneva a quella che si dice ‘un’altra generazione’, ma solo anagraficamente perché grazie ai suoi equilibri compositivi, alle sue liaison materiche, al suo dosare ironia e dissacrazione ha proiettato il bijou in una dimensione atemporale. Tra scenografie visionarie ed elementi iconici ha sfiorato il futuro e memorie obliate, a tratti riconducibili a monili primitivi. Ha innescato l’idea di evoluzione scardinando l’immaginario comune di questo oggetto di uso quotidiano, non per tutti e non da tutti.
Ha dato al bijou una identità indipendente, inattaccabile dalle tradizioni.
“È necessario seguire con attenzione le evoluzioni della moda per proporre le cose più giuste al momento giusto: i bijoux devono essere abbinati agli abiti per esaltare la femminilità”.
Diceva ancora prima che le sue creazioni si facessero largo tra le più desiderate.
Lui che rifuggiva la vita mondana (viveva gli eventi, tutti, ma da dietro le quinte, non amava il pubblico e neppure le feste: è stato il grande assente perfino alla celebrazione dei 50 anni di attività della sua creatura, Sharra Pagano), è entrato nell’olimpo di quegli artisti che hanno scritto importanti pagine del gioiello e della moda, nobilitando anche le materie più stravaganti. Della resina, dell’ottone, degli strass ne ha fatto una schietta espressione di lusso.
La sua è stata una passione iniziata prestissimo, già da piccolo, quando creava collanine e braccialetti per le sue amiche e compagne di scuola, una vera palestra. Negli anni non ha mai smesso e si è spinto a coltivare una ricerca personale che entrerà in scena nel ’69 con il nome di Sharra Pagano (ispirato non si sa da cosa non si sa da chi, forse dalla dea Sharra Itu degli antichi Sumeri). In questo periodo di gran fermento specialmente a Milano, città di moda e alla moda, si affianca a Gianfranco Signori, architetto, insegnante d’arte e in seguito specialista del mondo del gioiello, che diventerà socio e compagno di vita. L’incontro poi con Giorgio Armani, anch’egli agli esordi, sarà di quelli che segneranno la sua carriera. Furono amici veri e sinceri – Re Giorgio scriverà nel necrologio del Corriere della Sera “Sei stato il primo amico che ho trovato a Milano e di conseguenza di tutta Giorgio Armani. – Sono addolorato per la tua scomparsa. – Ti ho voluto bene”.
Seguiranno altre collaborazioni con altri nomi famosi, come Moschino, Walter Albini, Enrico Coveri, interpretando e segnando il cambiamento veloce della moda contemporanea.
Inarrestabile. Non gli mancò mai l’entusiasmo, così come l’urgenza di sperimentare nuove idee, anche fuori dalla rete della sua specializzazione creando profumi, foulard, cinture, borse, ombrelli, occhiali, sandali… ognuno caratterizzato da un prezioso dettaglio gioiello. Senza mai ripetersi.
Alle generazioni future parleranno di lui le sue fantasmagoriche creazioni, patrimonio del made in Italy.
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