LGR, l’arte di Roberto Spagnolo e figli
S
i potrebbe definire a tutti gli effetti un’autentica bottega d’arte, se non fosse per il fatto che non ci siamo con le dimensioni, molto più ampie rispetto a quelle, contenute, di una bottega. LGR (acronimo di Laboratorio Gemmologico Robi), fondata nel 1977 a Bergamo, è infatti un’azienda che si struttura su ben tre piani, dove ci lavorano Roberto Spagnolo ed i figli Fabio e Jonathan, soci della Borsa Diamanti d’Italia. Non dunque bottega, ma l’arte ci sta di certo.
Al piano terra è assegnata l’area vendita; sul primo piano, invece, è distribuita l’officina orafa, dove si progetta e si crea; più su, al laboratorio gemmologico del secondo livello, si commercializzano pietre preziose e si effettuano stime e perizie. Il luogo dell’azienda di cui piace senz’altro sapere di più è quel primo piano dove talvolta vengono aggregati elementi che mai si sarebbero detti apparentabili e che invece danno vita ad architetture di avvincente arditezza. Fabio Spagnolo ci racconta, ad esempio, che alla fiera di Tucson acquistarono, lui e il padre Roberto, un bronzo proveniente dal Mali. Fu portato in laboratorio e impreziosito come meritava. Ampliò la gamma di complementi d’arredo di cui si va orgogliosi in azienda, costituita da legni, quadri, vasi di Murano, bronzi…
“Accomunati dall’unicità – spiega Fabio -, sono tutti pezzi non replicabili. Altro denominatore comune è che sono ideati con pietre preziose, così come vent’anni prima mio padre Roberto aveva cominciato a fare realizzando quadri con preziosi. In effetti, per tre quarti i gioielli sono preferiti dalle donne, gli uomini scelgono le pietre soprattutto per collezione o per investimento, ma non per indossarle. Da qui è nata l’idea di realizzare quadri con gemme come oggetti d’arredo, in questo caso apprezzati anche dalla clientela maschile”.
Bisogna avere un portafoglio particolarmente sostanzioso per acquistarli?
“Ce n’è un po’ per tutte le tasche, a partire mediamente da 500/600 euro a salire. Dipende anche da certe particolarità. Ad esempio, siamo importatori di vasi di giada, altra categoria di arredi d’interni e nostra esclusività. Oppure, ancora, i vasi di Murano da noi trattati sono tutti a denominazione d’origine illustre (Cenedese, Pauly, Alfredo Rossi… ), con il valore aggiunto di duecento/quattrocento tra diamanti, zaffiri, rubini e smeraldi con cui rifiniamo e impreziosiamo l’oggetto”.
La ricerca d’armonia si avverte in tutto quello che viene realizzato in azienda.
“È fondamentale. Ci sono rapporti a cui il nostro occhio è abituato, che siano accostamenti di colore, rapporti volumetrici, lunghezza per altezza ecc., Rispettandoli, qualunque oggetto risulta armonico, piace all’occhio, fatta salva la soggettività di talune scelte. Andando a cambiare certe proporzioni, l’occhio si imbatte in qualcosa che non va: troppo lungo, troppo corto, troppo colorato…“.
Però il troppo lungo o troppo corto o troppo colorato a volte fa ammattire molte donne.
“Certamente, puntiamo su quello lavorando 99% su commissione e pezzi unici, entro certi limiti. Orecchini spaiati e asimmetrie varie ci possono stare ma devono sempre rispettare un certo range”.
Un’armoniosa indisciplina. “Esattamente, devono rientrare in quel pattern, diciamo, per risultare gradevoli e trasmettere una sensazione di giustezza“.
A questo punto, l’assortimento rituale mette d’accordo un po’ tutte?
“Come nostro modus operandi abbiamo ovviamente gioielleria già pronta ma preferiamo tenerla come “sample”, nel senso che è più esaltante per il cliente renderlo parte attiva del processo creativo, si parte dalla scelta della pietra e su questa si va a strutturare il gioiello, realizzato dunque a misura. Questo vale ovviamente anche per le pietre rare, disponibili anch’esse per investimento“.
Le pietre rare, altro fiore all’occhiello dell’azienda.
“Provengono da ogni parte del mondo, principalmente dal Madagascar, dove vengono attinte direttamente in miniera, dal Brasile, dalla Thailandia. Sorprenderà scoprire che rosso è anche uno spinello, verde un granato tzavorite, blu una tanzanite e azzurra un’apatite“.
Attraggono più delle gemme canoniche come diamanti, zaffiri, rubini e smeraldi?
“Senz’altro. La ragione è prima di tutto la ricercatezza del pezzo. Punto secondo, diamanti, zaffiri, rubini e smeraldi sono di casa in molte gioiellerie. Se invece si comincia a parlare di un granato malaya o di uno spinello viola allora il discorso si fa più selettivo. Ci puntiamo da anni. Quella che viene qui è una clientela scremata, non cerca la firma, non cerca l’ovvio, è attratta dalla particolarità”.
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