La Bottega orafa, culla della migliore tradizione italiana
Le chiamavano botteghe orafe. Erano degli scrigni che condensavano in pochi metri quadrati, conoscenze, artigianalità, saper fare, estro creativo e tradizione. La buona notizia è che esistono ancora: sono meno diffuse sul territorio nazionale ma continuano a svolgere il ruolo che, nei secoli, ha portato l’arte orafa Made in Italy ad essere la più amata e ricercata dal pubblico di tutto il mondo. Non è semplice la vita di un artigiano orafo, costretto a destreggiarsi tra caro vita, caro metalli preziosi e caro lavoro ma l’opinione diffusa tra coloro che questa professione l’hanno scelta e, quotidianamente la onorano, è che “essere piccoli oggi sia vantaggioso”.
«Ho scelto questa professione nel 2008 e da subito ho voluto puntare sulla valorizzazione della territorialità»
Luciano Capossela, Calitri (AV)
“Non doversi confrontare con gli alti costi di gestione a cui sono chiamate le grandi aziende e le griffe più conosciute ci permette di lavorare ancora molto bene, curando le nostre opere e fornendo al cliente un oggetto unico e su misura” spiega Luciano Capossela. “La mia azienda ha sede a Calitri, un paese di 4000 anime in provincia di Avellino: abbiamo affrontato il terremoto dell’Irpinia, le grandi migrazioni quindi siamo abituati a reinventarci. Ho scelto questa professione nel 2008 e da subito ho voluto puntare sulla valorizzazione della territorialità. Molte mie produzioni si rivolgono agli emigrati che durante le festività fanno ritorno al paese e vogliono portare con sé un oggetto simbolico che li leghi alle proprie radici: spesso scelgono le tre rose di Calitri.”
“ La creatività per un’azienda come la mia è sicuramente un punto di forza: lavoro con la tecnica del filato a vuoto per creare effetti tridimensionali conditi da elementi pittorici, con rimandi al pizzo calitrano. L’inventiva è indispensabile per la sopravvivenza degli orafi di prossimità e permette una libertà che i grandi brand dell’oreficeria non possono avere” conclude Capossela.
«Essere piccoli significa poter non ricercare il guadagno e la ricchezza ma concentrarsi sulla ricerca del bello»
Alessandro Dari, Firenze
Gli fa eco Alessandro Dari, maestro orafo e scultore che, nel 2001, ha trasformato la sua bottega a Firenze, in un museo visitato da migliaia di persone l’anno e che custodisce 2400 opere preziose. Nonostante le difficoltà del momento legate all’economia e alle congiunture internazionali, anche per lui essere un artista della gioielleria permette di sfuggire a logiche di mercato limitanti sotto il profilo creativo. “Essere piccoli significa poter non ricercare il guadagno e la ricchezza ma concentrarsi sulla ricerca del bello” esclama convinto.
“Al caro vita non ci penso. Tratto i metalli preziosi tutti allo stesso modo, non vivo con l’ansia di sprecare o di perdere un grammo d’oro, non ho sistemi di affinazione o di recupero dei metalli: pur creando l’inutile, la mia anima può sentirsi viva. Il maestro è allievo della materia che lavora, per questo creo gioielli con l’intento di vitalizzare in ognuno di noi, attraverso l’emozione, un moto introspettivo. Lo chiamo Dinamismo Percettivo perché le mie sono opere d’arte complete che offrono a chi le osserva una prospettiva dinamica, tridimensionale e soprattutto emotiva. È la fortuna di essere una bottega artigiana orafa”.
«La differenza non è più quindi calibrata al potere di acquisto ma si incardina sull’unicità della proposta»
Giuliana Di Franco, Leonforte (EN)
Crede nell’importanza evocativa e comunicativa del gioiello anche Giuliana Di Franco che, oltre a essere una jewellery design, ricopre il ruolo di Presidente Regionale Orafi CNA Sicilia. “Distinguersi è il nuovo must. Le attività territoriali vengono definite piccole per il numero di dipendenti ma sono grandi per il valore aggiunto che offrono: sono il cuore della ricerca, del contenuto stilistico, della proposta e dell’originalità” spiega Di Franco. “In questo periodo storico il prodotto di nicchia, rivolto a chi vuole distinguersi, si orienta a un pubblico attento alle manifatture e al contenuto valoriale. Chi ha resistito agli scossoni di questi anni si trova davanti un panorama migliore, con un compratore più attento e meno generalista. Sembra che le persone, avendo avuto più tempo per riflettere, abbiano affinato la capacità critica e scelgano cosa comprare con maggiore consapevolezza, senza farsi influenzare dal main stream. La differenza non è più quindi calibrata al potere di acquisto ma si incardina sull’unicità della proposta.”
“È il momento degli autori, delle aziende indipendenti e degli orafi di prossimità che, lontani dalle seduzioni del mercato, sviluppano con professionalità e sapienza opere di valore. Istituzioni come quella che ho il piacere di rappresentare sono indispensabili in questo processo: in Sicilia il comparto orafo, capendo che uniti si possono vincere le grandi battaglie, ha fatto squadra per superare preconcetti e senso di inferiorità rispetto ai grandi distretti e oggi, questa acquisita autonomia ci permette di elevarci e di dare risalto all’arte orafa del territorio”.
«In Italia abbiamo una storia millenaria nell’oreficeria e attualizzarla è la vera forza dell’artigiano»
Rosmundo Giarletta, Eboli
Parla anche di passaggio generazionale Rosmundo Giarletta che nel 1992 ha deciso di trasferire la sua bottega orafa dal Ponte Vecchio di Firenze a Eboli, per rivitalizzare la provincia. “Saper fare bene il lavoro dell’artigiano orafo significa avere, prima di tutto, un’identità precisa” specifica Giarletta. “Per un’impresa famigliare come la mia non è facile lottare contro il caro vita”.
Noi siamo partiti con un sogno: quello di diventare grandi ma come spesso accade a noi indipendenti, ci siamo accorti che il potere dell’identità permette di trovare un posizionamento specifico sul mercato, valorizzando ciò che sappiamo fare. In Italia abbiamo una storia millenaria nell’oreficeria e attualizzarla è la vera forza dell’artigiano. Sono molto legato ai giovani perché rappresentano il futuro dell’Umanità e del nostro settore. Abbiamo il compito di trasmettere loro l’amore per la trasformazione dei metalli preziosi, per la cultura manifatturiera”.
«Noi piccoli invece possiamo coccolare i committenti e realizzare per loro pezzi unici, celebrativi e carichi di significato»
Ivan Rando, Bergamo
Getta anche uno sguardo critico sul momento storico, Ivan Rando, artigiano orafo di seconda generazione che ha scelto Bergamo come base operativa. “Le problematiche che dobbiamo affrontare sono moltissime e quotidiane e il caro vita è solo l’ultima delle grandi sfide che, assieme al caro oro, pone delle discriminanti non discutibili anche sulle scelte di acquisto del nostro cliente. È vero anche che le grosse e le medie aziende non possono fare ciò che facciamo noi piccoli: le prime non possono godere di un rapporto personale con la clientela, le seconde devono fare i conti con budget da destinare a investimenti pubblicitari, affitti, stipendi del personale. Noi piccoli invece possiamo coccolare i committenti e realizzare per loro pezzi unici, celebrativi e carichi di significato”.
Aziende a conduzione famigliare come la mia, che conoscono il settore da decenni, non devono seguire il trend ma si rivolgono alla nicchia che cerca opere raffinate e inedite. È il caso dei miei orologi, pensati e disegnati per chi vuole indossare un oggetto prezioso e a tiratura limitatissima o personalizzabile come le scarpe che decoro per le mie clienti, con metalli preziosi e design innovativi. Essere piccoli ci permette di guardare ai mercati esteri con meno oneri e preoccupazioni ma con il ruolo artistico e distintivo che l’artigiano deve continuare ad avere”.
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