Inchiesta (2): Mondo dell’oro, il metallo schizza oltre ai 55,5 euro al grammo
L’aumento è dovuto a tanti fattori, dall’inflazione al conflitto tra la Russia e l’Ucraina, fino al rapporto tra Usa e Cina. La scarsità di materiale è solo uno dei fattori
Il Covid e l’instabilità geopolitica spingono il prezzo dell’oro. E all’orizzonte, secondo gli esperti, non ci sono cali, anzi, visto che il metallo giallo, in quanto bene rifugio, è da sempre un “termometro” delle crisi. E così dopo giorni di rialzi causati dalla situazione geopolitica, che aveva portato a sforare quota 1.900 dollari e 54 euro, l’invasione dell’Ucraina ha fatto schizzare l’oro oltre i 56 euro al grammo e i 1.960 dollari l’oncia (55,88 e 1.948,44 alla notizia dell’apertura delle ostilità) raggiungendo e superando, per quanto riguarda l’Euro, il picco dell’agosto 2020, quando si fermò a un passo dai 56, arrivando però a superare i 2mila dollari.
Questo evento va inoltre a innestarsi in un contesto già complesso, a partire dalle conseguenze della pandemia su finanza, logistica e approvvigionamenti.
In questa seconda tappa della nostra inchiesta sulle materie prime ne abbiamo parlato con Oliviero Villa, responsabile commerciale di OroVilla e Bancovilla e Ivana Ciabatti, titolare di Italpreziosi, che traccia anche un quadro a tutto tondo della situazione delle materie prime.
«La ripresa economica globale che nel 2021 è stata più veloce del previsto e ha fatto aumentare la richiesta di materie prime e di semilavorati, non è corrisposta una crescita adeguata dell’offerta. Questo ha portato a un marcato incremento dei prezzi, che sono arrivati a valori record da un ventennio»
Ivana Ciabatti
Italpreziosi
«Le cause di questa situazione sono diverse: congiunturali, strutturali, geopolitiche e speculative – sottolinea Ciabatti – Naturalmente il fattore scatenante è stato il Covid, che ha portato a una riduzione, se non al blocco della produzione. Poi a una ripresa economica globale che nel 2021 è stata più veloce del previsto e ha fatto aumentare la richiesta di materie prime e di semilavorati, non è corrisposta una crescita adeguata dell’offerta. Questo ha portato a un marcato incremento dei prezzi, che sono arrivati a valori record da un ventennio. Al di là dei metalli preziosi, il cui prezzo è salito in maniera più contenuta, penso a gas, petrolio, rame o ferro».
I problemi, del resto, secondo l’ex presidente di Federorafi, sono legati a un grande numero di fattori, tra cui i disordini nella catena globale del valore, causati dalla crisi: problemi di logistica, di traffico globale dei container, restrizioni imposte in alcuni porti cinesi per contenere lo scoppio di focolai, i costi dei trasporti aumentati. E poi l’esplosione della richiesta di metalli utilizzati nelle tecnologie verdi e le guerre sulle materie prime, alcune delle quali saldamente in mano ad alcuni paesi, che fanno pesare questo loro potere.
Difficoltà che riguardano da vicino anche l’oro, tanto che anche Ciabatti, operatore globale del settore da oltre tre decenni, si è trovata di fronte a una situazione inedita. «Dopo 35 anni che lavoro, per la prima volta nel 2021 abbiamo avuto problemi nel reperire materie prime. A fronte di una forte domanda in Italia del settore oreficeria, gioielleria e argenteria, per il quale il 2021 è stato un anno positivo e importante, abbiamo trovato molte difficoltà di approvvigionamento, sia di oro che d’argento. Oltre ai problemi dovuti al fatto che alcune miniere hanno avuto dei focolai, mi sto chiedendo cosa ci sia dietro questa situazione che non mi si era mai presentata e per ora non ho una risposta».
Diversa pare invece essere la situazione dei metalli per uso industriale e d’investimento, come spiega Oliviero Villa, che per l’azienda si occupa di banco metalli, affinazione e lingotti e monete da investimento.
«La cosa più difficile è reperire le monete da investimento. Ad esempio la sterlina di solito ha una consegna immediata, mentre per avere quella del 2022 ci vogliono dalle quattro settimane in su.»
Oliviero Villa
OroVilla
«Per quanto ci riguarda, di materiale ce n’è abbastanza, sia dal mercato – quindi metallo da riciclo – che dai trader, che ci mandano oro, argento, platino e palladio puri. Sono invece necessari tempi di consegna più lunghi per quelli secondari, come iridio, rodio e rutelio, usati a livello industriale».
Il problema, invece, si presenta su un altro versante. «La cosa più difficile è reperire le monete da investimento. Ad esempio la sterlina di solito ha una consegna immediata, mentre per avere quella del 2022 ci vogliono dalle quattro settimane in su. Non so se sia dovuto alla burocrazia aggiuntiva conseguente alla Brexit o alla carenza di materiale. Anche monete abbastanza comuni adesso sono difficili da trovare e questo fa aumentare i prezzi».
E i problemi di reperimento non sono sentiti nemmeno nell’area che si occupa di forniture industriali e semilavorati, anche per il settore orafo, dove la domanda di questi ultimi è aumentata notevolmente, in conseguenza della ripresa, ma anche del piano Industria 4.0, che ha spinto le lavorazioni meccaniche.
La quantità di materia prima in circolazione, insomma, secondo Villa non è l’elemento più rilevante nell’aumento dei prezzi. « L’oro è da sempre il bene rifugio per eccellenza – commenta – L’aumento dei metalli preziosi è dovuto a tanti fattori, dall’inflazione al conflitto tra la Russia e l’Ucraina, fino al rapporto tra Usa e Cina. La scarsità di materiale è solo uno dei fattori».
L’ammontare del debito medio delle principali economie mondiali rappresenta oltre il 70% del loro pil ed è al suo massimo da oltre 150 anni, escludendo il picco attorno alla Seconda Guerra Mondiale. Se i tassi d’interesse salissero troppo, come nel caso dell’Italia, si potrebbero verificare dei problemi molto seri.
Un’analisi che rispecchia quella dell’imprenditrice aretina. «I prezzi dei metalli preziosi riflettono l’incertezza economica, finanziaria e geopolitica che stiamo vivendo e la nuova politica che le banche centrali stanno mettendo in atto per combattere l’inflazione, diminuendo il quantitative easing e iniziando con il tapering e l’aumento dei tassi. Stiamo inoltre assistendo a un processo di dedollarizzazione e anche questo influisce. Senza contare che l’ammontare del debito medio delle principali economie mondiali rappresenta oltre il 70% del loro pil ed è al suo massimo da oltre 150 anni, escludendo il picco attorno alla Seconda Guerra Mondiale. Se i tassi d’interesse salissero troppo, come nel caso dell’Italia, si potrebbero verificare dei problemi molto seri. Finché il mondo si troverà in questa situazione precaria, il prezzo dell’oro continuerà a salire. Nel lungo periodo lo vedo sempre in aumento».
E la produzione? Ciabatti non esclude che qualche miniera possa riaprire. «L’aumento dei trasporti e dell’energia porterà probabilmente anche a un aumento dei costi di estrazione. Qualche miniera oggi chiusa a causa potrebbe tornare in attività sono se il prezzo dell’oro dovesse salire molto, rendendolo conveniente».
Leggi la prima puntata: Inchiesta (1): Mondo delle perle, rincari oltre il 30 per cento
Livio Rossi
Oltre l’Oro, quali metalli si possono prendere in cosiderazione?
Io non ho mai fatto questa domanda.
Se non volete darmi una risposta allora vi capisco.