#editoriale: Jck e Couture, alla fine un giro dagli italiani lo si fa sempre

«La sensazione percepita, in merito agli espositori, è che l’edizione di quest’anno non ha tradito le aspettative»

Si sono concluse da poco a Las Vegas le due più importanti fiere di settore americano, JCK e Couture.  Momenti espositivi fondamentali per i produttori italiani, considerata l’importanza del mercato a stelle e strisce (+ 30 per cento 2021) e, soprattutto, la loro capacità di attrarre buyers da tutto il mondo, condizione questa, oggi, non sempre scontata in altri saloni.

Organizzato dalla Reed Exbition, Jck, che ha festeggiato i trent’anni di vita, si è tenuto nella sale del Venetian, tra i più importanti alberghi della strip, mentre Couture si è svolto al Winn, uno degli ultimi e moderni investimenti immobiliari. La differenza sostanziale fra i due eventi sta nell’impostazione fortemente trade del primo, offrendo ai visitatori sia prodotto finito sia componenti, pietre sciolte, macchinari ed altro, il secondo, in portafoglio all’Emerald Expositions, rivolto al gioiello di alta gamma con una clientela selezionata e cosmopolita

Un’osservazione che merita di essere fatta è che in America “la pandemia è finita”: nessuna restrizione, nessuna precauzione, nessuna misura di prevenzione. Insomma un “liberi tutti” che, almeno a noi italiani, ha suscitato qualche inquietudine ed apprensione.

La capitale del Nevada, climaticamente ancora più inospitale, è un unicum nel sul genere: quante sono le fiere i cui padiglioni sono raggiungibili attraversando saloni immensi di slot machine, tavoli da poker, black jack, wedding chapel, piscine stracolme di giovanotti gonfi di steroidi e bellezze al bagno dediti al bere e al ballo, instancabilmente per ore ed ore. È Las Vegas e il Jck ne è parte integrante: per dirne una, nell’ampia hall dedicata ai banchi dell’accettazione, dove centinaia di persone si riversano per la convalida del pass, un dj spara ininterrottamente musica a tutto volume, una delle “americanate” offerte. 

Un primo dato di questa edizione che va segnalato è la forte presenza – nei corner del lungo corridoio che porta alla fiera, storicamente dedicati alle associazioni di categoria e soprattutto al mondo dei servizi ai diamantai – di tantissime aziende quasi tutte di provenienza asiatica (India) finalizzate alla promozione di app e tecnologia legata alla vendita online: intelligenza artificiale, realtà aumentata… Insomma il futuro della nuova frontiera tecnologica è ben chiaro, e soprattutto la sua provenienza.

La delegazione italiana, coordinata dagli uffici di Ice-Huston, come sempre era collocata in apertura di padiglione, sulla destra circa 130 aziende, con una forte rappresentanza dei distretti aretino e vicentino, fanalino di coda quello campano con solo 5 marchi. La sensazione percepita, in merito agli espositori, è che l’edizione di quest’anno non ha tradito le aspettative, tutti hanno ricevuto attenzione dai visitatori presenti e molto si è “scritto”, ma l’esperienza insegna che, prima di cantar vittoria, bisogna che il copia commissione si trasformi in fattura. 

Per contro, Couture per qualità degli espositori e per l’eleganza dei visitatori è un appuntamento da mettere in agenda se si vuole essere aggiornati sulle novità più esclusive. Caratteristica della manifestazione la presenza delle rooms: stanze private dove i grandi brand della gioielleria mondiale incontrano, previo appuntamento, i top client.

Il resto della fiera è racchiuso in un salone/padiglione dove sono collocati circa 80 brands, molti rappresentativi della migliore gioielleria italiana e un’intera area è dedicata ai designer/new proposal.

Forse, l’unica nota dolente è rappresentata proprio da questa selezione: sempre più spesso questi corner sono funzionali alle fiere per fare cassa e ai piccoli brand di partecipare a prezzi contenuti.

Tutto a discapito della ricerca e della novità di prodotto.

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