Carla Riccoboni: In autunno parte il progetto “Segni sul volto”

L’ornamento diventa punto di partenza per aprire un confronto collettivo anche sulle questioni emerse con la pandemia Covid-19 sul piano relazionale, comportamentale e identitario

Carla Riccoboni, designer

Designer e ricercatrice orafa, tra i maestri del gioiello italiano contemporaneo, autoproduce (con tecniche orafe tradizionali e digitali) gioielli in piccola serie, tenuti insieme da un filo conduttore che ruota sul segno, sulla scrittura e sul ritmo. Per il prossimo autunno ha ideato il seminario/workshop SEGNI SUL VOLTO, organizzato da Le Arti Orafe. L’iniziativa prende in considerazione il tema del viso ed apre un confronto collettivo anche sulle questioni emerse con la pandemia Covid-19 sul piano relazionale, comportamentale e identitario.

 “Questo progetto è nato da due esigenze, una molto personale, legata alla mia età.
Da tempo pensavo come trasmettere l’esperienza professionale che ho accumulato in tanti anni di lavoro. Trasmetterla, nel senso di metterla a disposizione delle generazioni più giovani, perché gli enormi cambiamenti determinati dallo sviluppo delle tecnologie negli ultimi decenni hanno aperto opportunità infinite, ma anche sradicato ogni certezza, ogni limite e questo vaso di Pandora aperto pone drammatici interrogativi sul futuro. Dunque intendo questo confronto innanzitutto come opportunità per ascoltare e capire ciò che a volte la mia mente fatica ad accettare, per contribuire, se possibile, alla costruzione di un futuro più umano e consapevole.


La seconda esigenza, invece, nasce dall’esperienza della pandemia Covid-19, un evento epocale che stiamo vivendo a livello planetario e di cui ancora non sono chiare le conseguenze sul piano culturale e sociale, e meno ancora nell’ambito della mia professione.

Mi sono chiesta a questo proposito: come si sta modificando la relazione tra le persone e l’ornamento?Sono cambiati molti gesti e comportamenti quotidiani; è cambiato Il modo di incontrarsi, di salutarsi, di vedersi o di partecipare agli eventi. Si è sviluppato il concetto di distanza: da fisica a sociale e virtuale, accompagnata dal rituale di disinfettarsi le mani o di cliccare uno schermo.Abbiamo condiviso la paura del contagio, con l’isolamento e le mascherine: un oggetto/segno utilizzato contemporaneamente da un enorme numero di persone, che inevitabilmente è diventato simbolo delle nostre personali fragilità e delle fragilità del mondo. Da qui l’idea di prendere in considerazione il volto, una parte del corpo nei secoli oggetto di molte esplorazioni, interpretazioni, interventi; spesso decorato con pitture, tatuaggi e ornamenti; talvoltanascosto sotto maschere rituali, caschi, elmi di ferro, veli di stoffa; talvolta stilizzato, deformato o deturpato fino agli eccessi. Il viso è la parte anatomica più significativa, più straordinaria del corpo: il primo strumento di comunicazione della nostra identità, delle nostre emozioni e sentimenti, il primo inalienabile luogo della nostra esistenza, la casa prima della nostra anima. Progettare dei segni /oggetti per il volto significa dunque indagare, qualcosa di complesso, profondo e misterioso, ritornare alle origini, riscoprire i bisogni più autentici della nostra storia per ritrovare oggi senso e responsabilità al nostro fare. Potrà un oggetto, una forma, aiutarci in questo senso?Le risposte, ovviamente, non sono scontate e per questo motivo il progetto è strutturato in una prima fase di documentazione e analisi, con l’intervento di relatori qualificati nel campo dell’arte e dell’antropologia e con un dibattito allargato, aperto, libero. La seconda fase, invece, riservata ad una decina di iscritti selezionati, sarà un confronto progettuale collettivo tra diverse competenze e generazioni, per arrivare a concretizzare delle proposte, fino a ridefinire, se necessario, anche l’obiettivo finale. Il metodo di lavoro sperimentale proposto, che vorrei definire artigianale/artistico, è basato sull’osservazione, l’intuito e la creatività, per valorizzare in tempo reale gli apporti e gli stimoli che arriveranno via via dai protagonisti che prenderanno parte al progetto. L’ambito “ambiguo” del gioiello contemporaneo, che spazia tra arte, design, moda e costume, consente libertà metodologiche per intrecciare saperi e competenze e concede soluzioni inedite.” Ha raccontato Carla Riccoboni.

ww.artiorafe.it

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