Gioia De Simone. Antonino De Simone185 anni dipinti di rosso
Importante anniversario per l’azienda di lavorazione del corallo tra mediterraneo e mercati etnici di tutto il mondo
Ci sono celebrazioni strane, poco frequentate. Alzi la mano chi sapeva che i 35 anni di matrimonio sono chiamati ‘nozze di corallo’. E poi c’è chi, come la Antonino De Simone, che del corallo è azienda leader, le date poco battute le celebra in grande: il 29 novembre scorso l’impresa di Torre del Greco ha compiuto 185 anni di vita festeggiando con mostre, momenti di teatro e progetti per il futuro: “Ho voluto fortemente questo momento per fare il punto di una grande e lunga storia di passione”, dice Gioia De Simone, 32 anni e al comando da cinque insieme al cugino Michele Palomba.
Era il 1830 quando il capostipite Antonino sviluppò l’idea importata all’inizio del secolo dal marsigliese Paolo Bartolomeo Martin che, nel 1805, ottenne dal re Ferdinando IV un permesso decennale (rinnovato poi sia da Giuseppe Napoleone che da Murat) di aprire una fabbrica nella cittadina alle falde del Vesuvio. In cambio i sovrani pretesero che Martin avviasse una scuola per giovani apprendisti: dando vita a una delle più brillanti vicende della gioelleria italiana: “Il fatto è che i torresi, a differenza del clichè di zona, hanno sempre goduto fama di lavoratori instancabili e scrupolosi”, spiega Gioia. La sua vicenda familiare conferma questa reputazione: nel 2011 la ditta è stata premiata tra le 150 imprese storiche d’Italia per la longevità ultracentenaria. Un premio alla tenacia e la capacità di una famiglia che per sei generazioni è riuscita a tramandare la passione per un’arte antica.
Gioia è in linea, poi, con un’altra tradizione corallina: il ruolo delle donne. Già dai primi dell’Ottocento erano soprattutto loro a sfiancarsi su questo regalo del mare. Nei suoi occhi si legge un orgoglio tenue mentre intorno, in azienda, sciamano quasi solo signore. L’atelier di corso Avezzana, nell’intricato dedalo di stradine di Torre antica, tra clienti e impiegate sembra un harem senza sultani. Il risultato è una operatività massima: puntualità, concretezza, poche chiacchiere. Oltre alla vendita, la sede è allestita come un museo: “Ci teniamo molto alla didattica. E apriamo l’azienda a visite gratuite per tutti, dalle scolaresche ai gruppi di turisti. Se lo facciamo è perché vogliamo diffondere la cultura della vita del corallo in tutti i suoi aspetti. C’è molta ignoranza a riguardo e si pensa alle ditte come la nostra come dei predatori: è il contrario, siamo i primi a desiderare che l’ambiente attorno cui si forma il nostro materiale preferito goda di buona salute”.
L’esposizione ha pezzi unici: corone nigeriane, collane indiane, bracciali ecuatoriani. Il corallo che diventa gioiello cresce quasi solo nel Mediterraneo, ma da sempre è stato utilizzato come merce di scambio per preziosi. I rapporti con il lontano Oriente, ad esempio, sono cresciuti attorno al baratto seta e spezie contro corallo. Se si trovano anche in Sudamerica, invece, è colpa dell’inflazione seguita all’emersione dalle acque dell’isola Ferdinandea, nel 1831. La lava bruciò interi ettari di barriere e in poco tempo si accumulò tanto di quel materiale da causare un crollo del suo valore, così il corallo di Sciacca è arrivato ovunque. Storie vicine e lontane, tutto dipinte di quel rosso che affascina l’umanità da sempre. Molti vi vedono proprietà carismatiche: “Una ricercatrice tedesca ha passato da noi un mese per studiare le qualità del suo colore”.
I 185 anni arrivano in una fase nuova, per la Antonino De Simone: “Relativamente da poco ci siamo cimentati nel prodotto finito, che ormai costituisce il 20% del nostro lavoro”. E poi si è messa anche la Cina con i suoi trend impazziti, che in un anno divorano fette di mercato per poi passare a nuovi, febbrili consumi. “Siamo una piccola realtà coi problemi di una multinazionale”, racconta sorridendo Gioia. Ma si vede che non teme il futuro. Per questo vuole festeggiare. E per farlo ha deciso di chiamare un grande: Moni Ovadia è stato protagonista di un recital durante l’anniversario: “Mio padre era molto legato allo storyteller. Si sono conosciuti per caso, su un treno, e fino alla sua scomparsa c’è stata un’amicizia magica tra i due”.
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