Adelaide Ruzzi la forza al femminile di Arezzo Fiere e Congressi

Da quattro anni Executive manager, un traguardo raggiunto dopo oltre trent’anni di carriera

Devo fare almeno 3-4 cose insieme, altrimenti mi annoio”. Si può sintetizzare così il temperamento di Adelaide Ruzzi dal 1986 in Arezzo Fiere e Congressi e da quattro anni executive manager. Una carriera costruita parallelamente all’evoluzione della manifestazione, oltre 30 anni trascorsi a osservarne i cambiamenti, gli sviluppi, i progressi. Cambiamenti, sviluppi e progressi dietro i quali si nascondeva anche il suo impegno per un evento che in questi decenni ha visto aumentare le aziende partecipanti dalle 100 iniziali alle 600 di oggi. Una vita professionale trascorsa con entusiasmo che l’ha portata a guidare la gestione dell’evento di riferimento di uno dei distretti orafi più importanti d’Italia. Terza di tre figli, aveva soltanto 19 anni quando ha messo piede nel Centro affari di Arezzo. Ma è lei stessa a raccontarcelo.

Terminati gli studi, avevo grandi progetti e tra questi l’Università, così sono partita per Londra. I piani però sono cambiati all’improvviso, dopo la scomparsa del mio papà mi sono messa alla ricerca di un lavoro e sul mio cammino è arrivata la fiera di Arezzo, che allora si chiamava “Oro di Arezzo” e si svolgeva nella vecchia sede del Centro Affari, di fronte alla struttura attuale. Era il 1986, il mio incarico iniziale fu la corrispondenza estera. In sostanza, conoscendo l’inglese, traducevo i profili delle aziende da inviare ai buyer tramite telex e, quando arrivava la risposta, mi mettevo in contatto con le aziende. All’epoca mi occupavo anche di una mostra permanente di gioielli dove organizzavamo la visita di delegazioni di buyer.

Come si è evoluto il suo ruolo all’interno di Arezzo Fiere?
Ho iniziato a viaggiare: Hong Kong, Miami, New York. All’epoca curavamo anche mostre culturali per la Regione Toscana portando la nostra arte nei musei stranieri. Poi ho iniziato a organizzare le collettive delle aziende aretine in grandi fiere come Basilea e Vicenza, curando tutti gli aspetti della loro partecipazione. All’estero mi occupavo anche dei workshop orafi di Los Angeles, Miami e New York. Quest’ultimo esiste ancora oggi, in sale private presentiamo ai buyer americani una trentina di aziende. Poi 4 anni fa, la nomina di direttore pro tempore, ruolo che ricopro ancora oggi. La fiera continua a cambiare, quest’anno per esempio abbiamo vinto un bando che ci consentirà di ospitare tutti i concorsi della Sanità toscana e prevediamo un incoming di circa 30mila candidati all’anno. Un grande indotto per la nostra città.

Essere donna è un vantaggio o un ostacolo?
Nel mondo del lavoro, e soprattutto in quello della gioielleria, è un plus. Abbiamo grandi doti di mediazione, condivisione, pensiero trasversale. La forza di volontà è donna, e io devo molto a questo aspetto del mio carattere. Confesso, tra l’altro, che anche il mio staff attuale è tutto al femminile.

Qual è il suo rapporto con il lavoro?
Mi diverto moltissimo. Non mi fa fatica neanche rinunciare a una vacanza. Lavorare ed essere soddisfatti è una grande fortuna. Questo, però, non mi ha impedito di trovare il tempo per le mie passioni e gli amici. Due volte a settimana, per esempio, prendo lezioni di tennis, e quando sono in città le serate le trascorro spesso in compagnia di persone che sono al mio fianco da una vita. Mi piace ospitarli a cena.

Le piace cucinare?
Moltissimo. Adoro riempire la mia casa del calore degli amici con la passione per il cibo. Vivo in un piccolo loft nel cuore di Arezzo – è la casa dove sono nata – e ho una grande terrazza dove trascorro molto tempo, spesso a leggere. Il mio genere preferito? Le autobiografie e i libri di psicologia. Lo stile del mio appartamento è moderno, ma intervallato da pezzi unici di antiquariato appartenenti ai miei genitori: la mia è una famiglia di antiquari e ho ereditato anche questa passione.

E il gioiello che posto occupa nella sua vita?
A parte l’ingombrante spazio lavorativo, il gioiello popola anche la mia quotidianità di donna. Mi piace indossarli uno alla volta, magari un pezzo unico, senza mixare con altro. Adoro gli anelli, specie se vistosi. Negli anni poi ho imparato a trovare il giusto equilibrio anche con il mio modo di vestire, in questo ho appreso molto da Beppe Angiolini, mio grande amico nonché art director di Oroarezzo. Grazie a lui mi sono avvicinata alla moda. Come posso definire il mio stile? Classico e rock insieme. Mi piacciono i colori scuri, le giacche moderne indossate con la tshirt. E naturalmente amo i tacchi, ma sono anche molto pratica: così in borsa ho sempre 2-3 paia di scarpe di ricambio.

C’è un gioiello dal quale non si separa mai? Magari un regalo ricevuto quando era bambina?
A dire il vero no. Gli oggetti che ho ricevuto in dono durante l’infanzia li conservo con molta premura ma per carattere guardo sempre avanti, non mi fossilizzo nel passato. Quei gioielli hanno avuto il loro tempo, ma non ho questo tipo di attaccamento alle cose.

Dove si vede tra 10 anni?
D’istinto direi su di un’isola deserta, ma voglio essere sincera sono troppo dinamica per starmene ferma a lungo. Perciò, alla fine, credo che sarò ancora in fiera, in compagnia della mia forza di volontà e della mia tenacia, con le persone che amo accanto a me come oggi.

Ha rimpianti?
Neanche uno. Sono felice di tutto ciò che ho fatto, lo rifarei, perché vivo sempre tutto con grande equilibrio.

Adelaide Ruzzi con Beppe Angiolini direttore artistico di OroArezzo

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