18 carati vs 9 carati. Gli aspetti giuridici della questione

Nelle «pratiche commerciali» è necessario precisare il titolo del metallo prezioso, potendosi, altrimenti, configurare una «pratica commerciale ingannevole»


Speciale Oro 9 Carati

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Il notevole aumento del prezzo dell’oro, che, nel corso del 2024, ha raggiunto, per ben 40 volte, il proprio massimo storico, con una media annuale di US$ 2.386/oz e che, nel momento in cui scrivo, è di oltre US$ 2.750/oz(1)*, ha aperto, all’interno del settore, una discussione circa la possibilità di realizzare i gioielli utilizzando una lega a titolo inferiore al tradizionale 750‰, tradizionalmente noto come 18 kt.

In particolare si è fatto riferimento all’uso di leghe 375‰ (o 9 kt) che consentirebbe un abbattimento di circa il 50% del costo della materia prima, venendo così incontro alla diminuita capacità di acquisto dei consumatori che, lo scorso anno, ha determinato una contrazione dell’11% nel consumo mondiale di oro per usi di gioielleria/oreficeria (ciò nonostante, in termini di valore si è segnato, proprio a causa dell’aumento del prezzo del metallo, un + 9%, raggiungendo i 144 miliardi di dollari statunitensi.


In questo scritto non si intende entrare, se non marginalmente, in considerazioni di ordine commerciale, bensì esaminare la questione, a livello nazionale e internazionale, dal piano giuridico.

Preliminarmente si desidera far presente come, sebbene qui di seguito verranno utilizzate indifferentemente l’indicazione del titolo in millesimi e quella in carati, la vigente legislazione italiana prescriva, per gli oggetti destinati al mercato interno, esclusivamente l’utilizzo dell’indicazione in millesimi e la legge 7 luglio 1910, n. 480, recante “Adozione del «carato metrico» del peso di 200 milligrammi come unità di massa nel commercio delle perle fine e delle pietre preziose”, vieti l’utilizzo del termine «carato» per altri usi, pur essendo in pratica tollerato, nella comunicazione commerciale, l’impiego contemporaneo delle due indicazioni, a favore della clientela proveniente da quei Paesi in cui si usi quella in carati.

Nella legislazione italiana, l’art. 3, comma 2, del D. Lgs. 22 maggio 1999, n. 251, “Disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi”, prevede che “i titoli legali da garantire a fusione, per ogni parte degli oggetti, sono… per l’oro: 750, 585, 375 millesimi”.

È, pertanto, di tutta evidenza come la fabbricazione e il commercio di monili in oro 9 kt siano consentiti nel nostro Paese e come, per tali prodotti, possano legittimamente utilizzarsi le denominazioni di «gioielleria» o «oreficeria» e derivati. Tali denominazioni sono, infatti, vietate, ex art. 36, comma 7, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 150, e s.m.i., recante il regolamento di applicazione del D. Lgs. n. 251/1999, solo relativamente ad oggetti in metallo comune recanti rivestimenti in metallo prezioso.

Si fa, però, presente che nelle «pratiche commerciali», così come definite dall’art. 18, comma 1, lett. d), del D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, e s.m.i., “Codice del consumo”(3), è necessario precisare il titolo del metallo prezioso, potendosi, altrimenti, configurare una «pratica commerciale ingannevole», ex art. art. 21, “Codice del consumo”, poiché l’informazione fornita al consumatore, pur essendo di fatto corretta, potrebbe essere considerata, per omissione, idonea a indurlo in errore circa l’esatta composizione del prodotto.
Questo è ancora più vero nel caso di «vendite a distanza», ovvero di vendite su catalogo o per tv e di e-commerce, in cui l’obbligo di specificare l’esatta composizione del prodotto è ulteriormente rafforzato.

Diamo ora un rapido sguardo oltre i nostri confini.

In Europa, oltre che in Italia, il titolo 375‰ è ammesso in Albania, Andorra, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Moldavia, Norvegia, Polonia, Portogallo, Principato di Monaco, Regno Unito, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina e Ungheria Un titolo, quindi, largamente accettato e utilizzato, specie nei Paesi dell’Europa settentrionale.

Per quanto riguarda l’interscambio all’interno dell’Unione Europea e dello Spazio Economico Europeo, si ricorda come la Corte di Giustizia abbia stabilito che costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa e, quindi, contraria all’art. 34 del TFUE(4), la normativa di uno Stato membro che vieti la commercializzazione di articoli in metalli preziosi aventi un titolo previsto dalla legislazione del Paese di origine ma diverso da quelli legali stabiliti dalla propria, quand’anche questo sia inferiore al minimo previsto per quel metallo prezioso (sentenza del 21 giugno 1999 nella causa n. 60/1999, Commissione vs Irlanda)(5).

Ugualmente la Corte si è pronunciata contro una normativa nazionale che, anche in relazione ad articoli provenienti da altro Stato membro, riservi la possibilità di usare la denominazione «oro» solo per gli oggetti aventi un determinato titolo o superiore, mentre prescriva che, per quelli aventi un titolo inferiore, si utilizzi la definizione, meno attraente per i consumatori, di oggetti in «lega d’oro», qualora nel Paese di origine tali prodotti siano legalmente commercializzati come «oro» (sentenza dell’8 luglio 2004 nella causa n. 166/2003, Commissione vs Francia).
Dal combinato disposto delle due sentenze sopra menzionate consegue che i prodotti 9 kt realizzati in Italia possano essere venduti nei Paesi dell’Unione Europea, dello Spazio Economico Europeo e in Turchia come oggetti in oro.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, pur non essendo lecito commercializzare articoli in oro 375‰, si ritiene che il problema non si ponga in modo rilevante, essendo i consumatori di quel Paese usi ad acquistare prodotti a titolo 10 kt.

Diverso il discorso per i Paesi arabi, dove il titolo minimo legale è il 12 kt (si veda, ad esempio, l’art. 2 della legge federale n. 11 del 3 novembre 2015 degli Emirati Arabi Uniti) ma i manufatti con un titolo inferiore possono essere commercializzati come «low carat items» essendo accompagnati da un’etichetta in cui sono specificati il metallo prezioso utilizzato, il titolo, la descrizione e il peso (art. 9 e allegato 8 del regolamento di esecuzione della legge federale n. 11/2015, approvato con decreto del governo degli E.A.U. n. 45 del 30 settembre 2018).

Anche in India il 9 kt non è tra i titoli previsti dallo standard IS 1417 cui fa riferimento l’art. 2, comma 2, del decreto del Ministero del Consumo, dell’Alimentazione e del Commercio n. 205 del 15 gennaio 2020, essendo il titolo minimo legale il 14 kt.

In Giappone, pur non essendoci una specifica legislazione in materia, si desidera evidenziare come il 375‰ sia tra i titoli certificabili, su base volontaria, dalla locale Zecca di Stato.

Nella Repubblica Popolare Cinese il mercato richiede gioielleria «high caratage» (i prodotti 24 o 18 kt rappresentano il 97% dei consumi ), per cui, pur non essendoci un divieto legale, si ritiene che articoli in oro 375‰ non incontrerebbero il favore dei consumatori cinesi.

Per quanto riguarda la Convenzione sul Controllo e la Marchiatura degli oggetti in metalli preziosi, firmata a Vienna il 15 novembre 1972 e a cui l’Italia ha aderito il 15 dicembre 2023, il 9 kt è uno dei titoli accettati, ai sensi al punto 2.2, lett. B), delle Decisioni tecniche connesse all’Allegato I.

Per concludere si desidera, altresì, evidenziare che il 375‰ è tra i titoli previsti per l’oro dalla norma ISO 9202 “Jewellery and precious metals – Fineness of precious metal alloys”.


18-carat vs 9-carat Gold: Legal Aspects and Consumer Protection

The sharp rise in gold prices throughout 2024—reaching record highs over 40 times—has reignited discussion in the jewelry sector around the use of lower gold alloys, particularly 9 karat (375‰), as a cost-saving measure to accommodate shrinking consumer purchasing power.

Under Italian law, 9kt gold is fully legal and considered part of the jewelry category, as defined in Legislative Decree No. 251/1999. However, the law requires explicit labeling of the gold content in thousandths (‰). Failing to do so—especially in e-commerce or distance selling—may constitute a misleading commercial practice under the Consumer Code, even if technically correct.

While the use of the term “karat” is legally restricted in Italy to gem weights, it is informally tolerated in commercial communication alongside the official millesimal system, for clarity with international customers.

At the European level, 9kt gold is accepted in most countries. According to EU Court rulings, member states cannot restrict the sale of precious metal goods that comply with the origin country’s legal standards, even if below domestic minimum fineness levels.

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