Recupera la produzione italiana di gioielleria in oro grazie all’ulteriore crescita nelle esportazioni verso Cina, Dubai, Stati Uniti ed Europa che sopperiscono alla debolezza del mercato domestico. È questa la principale evidenza emersa da uno studio effettuato dalla londinese Metallis Consulting in concomitanza con Vicenzaoro Fall, la fiera autunnale di Fiera di Vicenza che si è chiusa lo scorso 10 settembre.
I principali risultati della recente indagine evidenziano così che la produzione italiana di gioielli in oro è sulla buona strada per crescere dell’11% nel 2014 (a 128 tonnellate). Questo dato indica un proseguimento della crescita registrata nel 2013, quando la fabbricazione ha vissuto una svolta. Il rimbalzo del 24% ha avviato un processo di recupero di una decina di anni di perdite consecutive. La domanda, però, rimane ben al di sotto dei livelli registrati alla fine del 1990.
Questo recupero è del tutto dovuto alle esportazioni; stimate, per il 2014, in aumento del 13% in termini di volume, soprattutto grazie a prezzi più bassi del metallo. I dati diffusi da Metallis Consulting e relativi al primo semestre 2014 mostrano un aumento anno su anno delle esportazioni del 21%, guidate in gran parte da Dubai. “Tuttavia la crescita del 28% verso gli Emirati Arabi Uniti della prima metà dell’anno – precisa Neil Meader, direttore di Metallis – potrebbe risentire della crisi in Iraq e in Siria, registrando già dei rallentamenti nel mese di giugno”.
Verso Cina e Hong Kong la crescita nei primi sei mesi del 2014 è stata significativa con il suo +39%. “Questo dimostra che il segmento dei 18 carati in Estremo Oriente è ancora forte – spiega Meader -, anche se quello molto più ampio dei 24 carati, che in Italia non è diffuso, non può competere con i risultati 2013″.
Sorpresa dall’Europa: l’indagine di Metallis mostra a giugno un incremento del 38% dell’export italiano verso il Vecchio Continente. “Quel guadagno – sottolinea il direttore della società – va letto come effetto della ricostituzione di una catena di distribuzione indebolita, ma è comunque incoraggiante che grossisti e dettaglianti abbiano una fiducia tale da riassortire i magazzini in vista del Natale”.
Anche gli Usa hanno fatto registrare un risultato simile, crescendo del 29% nel primo semestre. Il dato sembra essere dovuto soprattutto all’abbassamento dei prezzi con il ritorno dei consumatori verso l’oro contro le alternative meno preziose. “Con l’evidente eccezione della Russia – prosegue Meader – è difficile trovare aree di debolezza per quanto riguarda l’export italiano. America Latina, il resto del Medio Oriente e dell’Asia orientale vedono tutti una crescita a doppia cifra”.
Resta debole il mercato interno. L’abbassamento precipitoso del prezzo dell’oro è riuscito a contrastare solo parzialmente la depressione dei consumi e la rivalità di altri beni di consumo. Tuttavia, come nel resto d’Europa, grossisti e dettaglianti hanno mostrato fiducia effettuando ordini per la stagione del Natale e, secondo l’indagine, non è impossibile che il consumo di gioielli si stabilizzi. Per la prima volta dal 2008, inoltre, l’Italia torna a essere un importatore di lingotti.
“Il feedback dei visitatori italiani a Vicenzaoro Fall – conclude Meader – sembra essere stato positivo. Lo è stato meno quello dei compratori internazionali, che hanno lamentato soprattutto la vicinanza temporale con la fiera di Hong Kong”. Tempi difficili sono attesi per l’ulteriore calo del prezzo dell’oro e per gli attuali problemi di Dubai, che nella seconda metà dell’anno potrebbero far rallentare la produzione a un più lieve +5%.]]>