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Sacro e profano, esclusività e libertà si intrecciano nella affascinante storia di Gerardo Sacco, uno dei maestri orafi italiani più conosciuti al mondo, che quest’anno festeggia i 50 anni di attività. Li si conta dall’anno della certificazione in Camera di Commercio, ma in realtà sono molti di più: di anni il maestro oggi ne ha 73 e da 63 vive per plasmare e modellare metalli e trasformarli in gioielli unici. Ha lavorato per il cinema e per la televisione, ma anche in ambito religioso; con gli argenti e con l’oro, arricchendoli con pietre preziose: è stato il primo artista vivente protagonista di una mostra al Vittoriano di Roma (nel 2008). Ora sta attraversando il paese per celebrare il suo anniversario passando da una standing ovation a un’altra. Ma come si è ritrovato a fare l’orafo quando aveva solo10 anni lo racconta lui stesso, con l’umiltà che è tipica dei personaggi che grandi lo sono sul serio.
Maestro, il suo percorso nell’arte orafa inizia prestissimo: apparteneva a una famiglia di artigiani?
“Quei 50 anni che festeggio sono tutti miei: rappresento la prima generazione. Da bambino mi ritrovai a lavorare nel negozio di barbiere di uno zio, ma sentivo che non era la mia strada: in famiglia ero guardato con perplessità. Tra l’altro mi guardavo anche io stesso così: ero libero solo il lunedì, quando i miei coetanei studiavano o erano impegnati in bottega, e perciò ero sempre solo. Poi un giorno varcò la soglia del negozio Carmine Rocca”.
Chi era?
“Un orafo della mia cittadina. Raccontò a mio zio di aver bisogno dell’aiuto di un ragazzo sveglio in laboratorio: mio zio decise di mentire raccomandandogli me, e da quel giorno Rocca è diventato il mio maestro. Ho cominciato fondendo oro, ho avuto a che fare con le mie prime colate, e ho scoperto che plasmare quel metallo prezioso era la mia passione. Avevo però anche sete di imparare: così appena ho potuto sono partito per Valenza per studiare. Quando ho avuto la forza e le competenze per dare vita a una mia attività, sono ritornato nel mio paese”.
Come definirebbe il suo lavoro?
“Io cerco di plasmare racconti preziosi. I miei gioielli non sono seriali, non inseguono la moda, vogliono testimoniare fantasia e bellezza: so fare solo questo. Sono grato al mio lavoro per la grande libertà che mi ha concesso. Ai giovani studenti che spesso incontro dico sempre ‘abbiate fiducia e trovate ispirazione nel mondo, c’è tanto da raccontare: se ce l’ho fatta io senza accademie, potrete farcela certamente voi’. La fantasia non si può insegnare, ma la si può stuzzicare”.
[caption id="attachment_58300" align="aligncenter" width="630" caption="Franco Zeffirelli, Liz Taylor e Gerardo Sacco"][/caption]
C’è un momento della sua carriera che ricorda con particolare emozione?
“La mia storia è stata una serie infinita di emozioni. Ma conservo un ricordo speciale di quando a metà degli anni Ottanta il regista Franco Zeffirelli mi chiamò per creare i gioielli dei suoi film. Nel 1988 disegnai preziosi per ‘il Giovane Toscanini’, interpretato da Liz Taylor. Quando la incontrai sul set mi tremavano le gambe: le dissi che era lei il gioiello più bello della terra, lei rispose che i gioielli più belli erano quelli che indossava, i miei. Ero ubriaco di gioia”.
[caption id="attachment_58302" align="aligncenter" width="630" caption="Gioiello LIz"]
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Lavorare per il cinema è la sua passione?
“Lo è, ma non è certamente l’unica. Nella mia carriera ho incontrato divi come Robert De Niro e Glenn Close, Sofia Loren e Isabella Rossellini, e ricordo tutto di questi incontri. Ma uno dei lavori cui sono più legato in assoluto è ospitato nel Duomo di Crotone: nel 1983 furono rubati i gioielli della Madonna nera di Capo Colonna. Tre anni più tardi feci dono alla Basilica di una Madonna ricreata da zero in oro, argento, perle, lapislazzuli, quarzi e zaffiri. È l’icona più grande del mondo con le sue enormi misure: 2,20 metri per 1,80, un lavoro incredibile per un artigiano abituato a lavorare oggetti minuscoli. Ma è stata una grande emozione anche produrre le 150 opere per la celebrazione dell’Unità d’Italia che si è svolta a Rio de Janeiro due anni fa”.
[caption id="attachment_58298" align="aligncenter" width="630" caption="Gerardo Sacco al lavoro per il Trittico della Madonna di Capocolonna"]
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Lei ha tre figli, due maschi e una femmina. Con ruoli diversi, lavorano tutti con lei.
“A onor del vero sono io che lavoro con loro. Mi hanno salvato: in un momento personale molto duro, in cui sono stato anche vittima di persone che hanno approfittato del mio stato di debolezza, senza i miei figli sarei impazzito.
Oggi si occupano della gestione dell’azienda: dall’amministrazione al commerciale, ciascuno seguendo le proprie inclinazioni. Da loro ho imparato moltissimo, anche che l’arte può assumere tante forme: persino il management può essere arte. A me spetta la parte creativa. Ora abbiamo aperto una nuova sede di oltre 900 metri quadrati, sempre a Crotone, dove ci occupiamo dei nostri gioielli dalla A alla Z, come facevamo un tempo nel nostro piccolo laboratorio”.
[caption id="attachment_58297" align="aligncenter" width="630" caption="Taormina Festival: Viviana, Gerardo e Andrea Sacco con Mariagrazia Cucinotta"]
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Che rapporto ha con la sua terra?
“Straordinario. Ho tratto dalla vita quotidiana della mia città e del Mezzogiorno tutta la mia ispirazione, senza che si sia mai esaurita. Ho cercato di osservarla per scriverne le pagine, per diventarne il cantastorie: è questo uno dei miei più grandi motivi di orgoglio”.
Quest’anno festeggia i suoi primi 50 anni di attività e la sua energia sembra immutata. Che progetti ha per il futuro?
“Continuare su questa strada, anche grazie ai miei figli e allo staff di persone meravigliose che mi circonda. Voglio raccontare ancora storie preziose, per tutta la vita”.
[caption id="attachment_58299" align="aligncenter" width="630" caption="Anello della Linea Cammei colorati"]
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