«La sproporzione delle tasse doganali tra Italia e paesi esteri sta assestando un duro colpo alle imprese orafe». A parlare è Aurelio Franchi, vice-Presidente CNA Artistico e Tradizionale.
Parlano chiaro i dati, resi omogenei da una ricerca effettuata quest’anno dal responsabile nazionale Cna Artistico e Tradizionale, Luca Iaia. Per esportare, un’azienda italiana paga fino al 35%; per importare in Europa, una impresa cinese, indiana o thailandese paga soltanto il 2,5%.
«Per capire il futuro delle nostre aziende in un momento così sfavorevole è necessario indagare sull’interesse dei giovani artigiani per il settore orafo – spiega Franchi -. Per questo abbiamo compiuto un’indagine a largo spettro sul comparto: per valutare quale sarà il futuro di questa antica tradizione. Per ora, il dato certo è che resiste chi punta sulla lavorazione artigianale, ma è necessaria una inversione di tendenza generale».
[caption id="attachment_6992" align="alignleft" width="247" caption="Luca Iaia"]
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«Per il prossimo anno stiamo cercando di organizzare una sorta di festival dell’arte artigiana, che nella prima edizione dovrebbe incentrarsi sull’arte orafa e il gioiello contemporaneo – espone Iaia -: non possiamo lasciarci “fagocitare” dalle imprese straniere, proprio noi che abbiamo inventato la storia del gioiello».
La ricerca effettuata da Luca Iaia mette sul tavolo tutti i dati relativi al comparto che detiene ancora il sesto saldo commerciale attivo con l’estero e il primo posto tra quelli del comparto moda ed accessorio. Due terzi della produzione orafa sono destinati all’export. Secondo i dati riportati nell’indagine, i distretti di Vicenza, Arezzo, Valenza, Napoli, Padova, Firenze e Palermo hanno sofferto, dal 2000 ad oggi, un forte calo occupazionale: oggi si contano meno di 40.000 addetti, senza calcolare il valore della filiera distributiva (24.000 punti vendita in Italia) e dell’indotto (sistemi fieristici, assicurazioni, sistemi di sicurezza e trasporto valori, etc.). In maniera diretta il comparto ha subito un calo dell’occupazione quindi di circa 30mila addetti in poco meno di dieci anni. Ad oggi gli occupati sono al di sotto dei 40mila, di cui quasi 20 mila in cassa integrazione.
Negli Stati Uniti, che per lungo tempo sono stati il principale mercato di sbocco, le esportazioni sono diminuite del -75% in valore (dal 2003 al 2008) e sono ancora in calo. In undici anni (dal 1998 al 2009) le quantità di oro trasformate in prodotti finiti si sono ridotte a meno di un quarto, passando da 535 tonnellate a 123 t (Fonte: GFMS).
«È difficile esplorare nuovi mercati per un’azienda italiana – spiega Luca Iaia – soprattutto quando si assiste alla acquisizione di ampie fette del nostro mercato da parte di imprese estere, che sempre più frequentemente stanno rilevando le nostre. I controlli doganali in Italia vengono effettuati a campione e non a tappeto: c’è bisogno di un intervento strutturale, per questo motivo puntiamo molto sulla proposta di legge titoli e marchi, attualmente in discussione al Senato. Se approvata, sarà garantita una maggiore tutela». Perplessità sulla normativa europea sul “Made in” in via di approvazione al Consiglio, dopo il doppio sì dell’europarlamento e del Parlamento europeo: «Ritengo che sia più urgente lavorare sulla normativa italiana», commenta Iaia.
La dettagliata analisi compiuta dal responsabile nazionale Cna Artistico e Tradizionale passa per un esame dei principali distretti orafi: l’80% dell’export italiano coperto dalle province di Arezzo, Alessandria e Vicenza. Allo stesso tempo, la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, raramente utilizzata nel settore, ha visto negli ultimi anni rilevanti incrementi di oltre il 150% con un picco ad Arezzo nel periodo gennaio-giugno 2009 di 252% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Complice della crisi, il prezzo dell’oro: il costo del metallo prezioso è quadruplicato in dieci anni (oggi, nuovo record con l’avvicinamento ai 1400 dollari l’oncia, precisamente 1.383,10). Di là dall’influenza diretta, questo aumento crea
