Vincenzo Raiola. Una creazione in corallo è eterna
“Dietro le quinte” dei capolavori in “oro rosso”
“È stata ritrovata! Cosa? L’Eternità. È il mare unito al sole”. Versi, quelli del poeta francese, Arthur Rimbaud, che sembrano cuciti su misura sugli esclusivi gioielli firmati Rovian. Piccole opere d’arte da indossare, che vedono protagonisti pregiati coralli abbinati a diamanti purissimi, oro o platino. Pezzi unici da “mille e una notte”, che illuminano dita, polsi e décolleté delle ladies più raffinate del jet set internazionale. Da New York a Parigi passando per Dubai. Tutte innamorate del design e della lavorazione minuziosa, ad opera di esperti artigiani orafi ed incisori, rigorosamente made in Italy. Anzi, in Torre del Greco. È, infatti, dalla cittadina partenopea, nota nel mondo per la lavorazione del corallo e dei cammei, che ha preso il via l’avventura del brand Rovian, portato avanti con passione ed orgoglio da Francesco Raiola con i figli Vincenzo e Roberto.
Vincenzo Raiola svela il “dietro le quinte” dei capolavori in “oro rosso”
Ci traccia l’identikit di una perfetta Rovian addicted?
Una donna che ama il bello, raffinata e high level anche dal punto di vista culturale… perché certi gioielli bisogna capirli. Di sicuro, non una che corre dietro alle mode del momento. Una creazione in corallo è eterna e non segue tendenze.
Secondo lei, cos’è che fa preferire i vostri gioielli a quelli di altre aziende, magari, anche più conosciute?
Ci avvaliamo di virtuosi e quotati designer e questo rappresenta già un valore aggiunto. Credo, comunque, che la nostra forza risieda soprattutto nel riuscire a coniugare nel migliore dei modi tradizione e innovazione.
In che modo?
Abbinando artigianalità a nuove tecnologie, come quelle all’insegna del 3 e tra poco anche 4D.
A proposito di storia, la vostra azienda, anche se relativamente giovane, fonda su una tradizione quasi secolare…
Sì, era il 1926 quando mio nonno Vincenzo, a bordo di una corallina, prese a solcare il Mar Mediterraneo alla ricerca di banchi di corallo, seguito nel 1968 da mio padre Francesco, che con il socio Francesco Conte iniziò ad esplorare con il sottomarino “Antonino Magliulo” le acque di Capri e della Sardegna, sempre alla ricerca di “oro rosso”.
Come andò a finire?
La pesca fu fruttuosa, tanto che dopo poco impiantarono a Torre del Greco una fabbrica dedita alla lavorazione del corallo “a ciclo completo”.
Avrebbe qualche aneddoto da raccontarci?
Il comandante del sommergibile una volta mi parlò di un’eccezionale pesca avvenuta a 40 miglia da “capo caccia” (la partenza era dal porto di Alghero), che in 5 giorni consentì di raccogliere oltre 150 chili di corallo di grosse dimensioni. Nel 1971 non avevamo una lavorazione a ciclo completo, quindi, una volta portato a Torre il corallo, per diversi giorni fuori al laboratorio si formarono lunghe file di corallari desiderosi di acquistare la partita. Alla fine, toccò fare un’asta talmente era bello.
Quali sono i principali tipi di corallo che utilizzate?
Selezionatissimi coralli del Mar Mediterraneo e asiatici.
Uno dei vostri vanti sono i preziosi con protagonista il delicato “pelle d’angelo”…
Sì, un tipo di corallo molto raro e pregiato che amiamo usare per i nostri top jewels. Una vera e propria passione, che un pescatore di Suao trasmise a mio padre negli anni Settanta quando sbarcava lì, dove partivano le coralline Taiwanesi, per acquistare il pochissimo “pelle d’angelo” che usciva dalle stive delle coralline dell’armatore e corallaro signor Su.
Quali sono le principali aree conquistate dalle vostre creazioni?
Europa, Asia e Stati Uniti.
Tra i tanti preconcetti che gravitano attorno al mondo dei preziosi c’è quello che vuole i gioielli con corallo destinati esclusivamente a signore di una certa età…
Un mito da sfatare. Almeno per quel che ci riguarda. Tra le nostre habitué ci sono tantissime giovani donne. La spumeggiante conduttrice Rai Caterina Balivo, ad esempio, per il suo matrimonio, celebrato a Capri quest’estate, ha indossato un paio di orecchini in pregiato “peau d’ange”, oro e diamanti (Rovian, of course!).
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