IEG: il primo summit del gioiello
Marco Carniello: ”Questo summit è un punto di partenza, una sorta di “briefing prepartita” del team made in Italy. Il nostro ruolo è mettere in condizione la squadra Italia di dare il massimo
Tutti uniti per ripartire. Si è concluso ad Arezzo il primo Summit del gioiello italiano, organizzato da IEG in collaborazione con Arezzo fiere e congressi, Comune di Arezzo e Camera di commercio di Arezzo e Siena, per radunare in terra toscana tutti i rappresentanti del settore a conclusione di due anni difficilissimi.
E sono state veramente tante le associazioni e istituzioni che hanno voluto partecipare all’evento. Ad aprire la mattinata, moderata da Maurizio Amoroso, vice direttore News Mediaset, sono stati il presidente di Ieg Lorenzo Cagnoni; il sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli; il presidente della Camera di commercio, Massimo Guasconi e il presidente di Arezzo Fiere e Congressi Ferrer Vannetti.
«Questo summit è un momento importante e vedremo se proporre altre edizioni, magari trasformandolo. Adesso ci aspettano VicenzaOro a gennaio, Dubai a febbraio e a maggio metteremo un particolare impegno per una grande edizione di OroArezzo».
Lorenzo Cagnoni presidente IEG
«Dai riscontri il settore sta lavorando bene – sottolinea Cagnoni – e l’export ha bei numeri. Il nostro compito è sostenere questo momento di ripresa e guardare al futuro con ottimismo e strategie condivise. Abbiamo affrontato questi due anni con iniziative nuove, come Voice e We Are, che hanno rafforzato la nostra posizione con gli stakeholder. Anche Ice ha dimostrato di voler essere vicina al comparto. Questo summit è un momento importante e vedremo se proporre altre edizioni, magari trasformandolo. Adesso ci aspettano VicenzaOro a gennaio, Dubai a febbraio e a maggio metteremo un particolare impegno per una grande edizione di OroArezzo».
Una rassicurazione che ha soddisfatto i rappresentanti delle istituzioni locali, che hanno sottolineato come se ne sia sentita la mancanza.
E proprio il direttore di Ice, Roberto Luogo, ha tracciato un quadro positivo dell’export del settore, che ha segnato +71,3% rispetto al 2020 e +7,2% rispetto al 2019, con un valore nei primi 9 mesi dell’anno pari a 5,5 miliardi di Euro per un contributo all’export italiano complessivo tra il 2020 e il 2021 di +0,44 punti percentuali. Ma ha anche ribadito l’impegno di Ice nel finanziare iniziative del comparto: «10 milioni per missioni internazionali, campagne sulla Gdo, piattaforme e-commerce e incoming dei top buyer internazionali a Vicenza e Arezzo».
L’analisi finanziaria del momento è invece stata affidata a Sergio Grifoni di Banca di Cambiano 1884, secondo il quale il prezzo dell’oro non scenderà.
Tra le tematiche all’ordine del giorno, ovviamente, la sostenibilità, su cui sono intervenuti Eleonora Rizzuto di LVMH/Bulgari, Maria Cristina Squarcialupi di Unoaerre, Omar Antonio Cescut di Lem Industries e Fabrizio Passarini dell’Università di Bologna e membro del Comitato Scientifico di Ecomondo. «L’oro etico – afferma la prima – ha dietro tutto un mondo tipico della gioielleria italiana. Per arrivare all’obiettivo serve un lavoro di almeno cinque anni per creare una catena di fornitura etica. Non si parla solo di filiera, ma di un completo sistema industriale, applicabile anche ad altri ambiti».
«Delle oltre 1.300 imprese registrate al Responsible Jewellery Council, solo 204 sono italiane – spiega Squarcialupi – ma non esiste un “piano B” rispetto a questa transizione, che anzi deve essere accelerata da una politica lungimirante. La richiesta è partita dal mercato, ma la pandemia ci ha messi di fronte a un mondo nuovo, facendo naufragare la supply chain globale, in favore di una locale, più controllabile anche sulla sostenibilità. Ormai non ci è chiesto più solo un gioiello bello, ma del quale si possa ripercorrere la storia».
Guarda invece all’interno delle aziende Cescut: «Di sostenibilità dobbiamo parlare non solo guardando ai massimi sistemi, ma anche alle aziende. Serve una formazione ad hoc su un tema che non è solo un trend alla moda e questa deve essere una scelta degli imprenditori. Se si riesce a farlo dà valore al brand».
Mentre Passarini osserva il prodotto a tutto tondo. «Bisogna interessarsi a tutto il suo ciclo di vita, dall’approvvigionamento delle materie prime alla gestione degli scarti, che possono diventare nuova materia prima. La scelta della filiera è determinante nel generare l’impatto complessivo. La CO2 equivalente associata al prodotto ormai è una condizione contrattuale e se non la si dichiara non si riesce a vendere. Il Pnrr sarà una grande occasione per investire nella transizione ecologica».
Si sono invece focalizzati di più sul brand Isabella Traglio di Vhernier e Beppe Angiolini di Sugar, che ha risposto all’interrogativo sul perché ci siano meno brand nella gioielleria rispetto alla moda. «Perché è meno quotidiano. I grandi marchi storici in realtà lo sono già, il problema sono quelli medi ed è una sfida da affrontare partendo dalla comunicazione. Chi ha un buon prodotto e lo comunica bene può farcela».
Un ingrediente, secondo Traglio, è l’originalità. «L’unicità paga, ma per essere diversi ci vuole coraggio. Il progetto nuovo e non visto provoca stupore, ma questo sottintende lavoro e ricerca. Il made in Italy è “il” brand. Noi abbiamo la fortuna di farne parte, ma dobbiamo crederci».
Durante la mattinata sono stati presentati anche due progetti.
Il primo, “Vivi oro”, è stato illustrato da Giordana Giordini, presidente di Federorafi Arezzo, in rappresentanza della Consulta orafa aretina, promotrice dell’iniziativa sostenuta dalla Camera di commercio, e Laura Inghirami di Donna Jewel. L’iniziativa consiste in un marchio e in una campagna di comunicazione il cui obiettivo è creare un brand forte per il made in Italy, per spingere il mercato interno e riavvicinare i giovani al mondo del gioiello.
«Vogliamo comunicare ai giovani la bellezza di indossare e regalare un gioiello, usando il loro linguaggio – sottolinea Giordini – Il progetto è partito da Arezzo, ma speriamo che sia condiviso da tutti i distretti».
Il secondo, promosso da Confindustria Federorafi, è stato invece spiegato dalla presidente Claudia Piaserico e da Alessia Crivelli, una dei suoi vice.
Obiettivo della “Nuova Rete Metropolitana della Formazione” è mettere a sistema le scuole, capire dove si possono creare moduli dedicati al gioiello o inserire tecnici per dare un’opzione in più ai ragazzi e, in sostanza, creare percorsi lineari e facilmente accessibili per creare le professionalità che servono alle aziende.
«Dobbiamo spiegare ai ragazzi e alle loro famiglie che tutto ciò è cambiato, cosa facciamo, quali carriere offriamo e anche quali retribuzioni»
Claudia Piaserico presidente Confindustria Federorafi
Ma prima di tutto bisogna far conoscere queste opportunità ai ragazzi e alle famiglie. «Il nostro settore – sottolinea Piaserico – ha innovato da un punto di vista tecnologico, ecologico, del design, ma le persone non lo sanno. Ragazzi e famiglie hanno ancora l’immagine del sottoscala e dello sporco. E c’è anche un problema di cattiva reputazione sotto il profilo etico. Dobbiamo spiegare loro che tutto ciò è cambiato, cosa facciamo, quali carriere offriamo e anche quali retribuzioni».
L’obiettivo è illustrare che sbocchi e opportunità questo settore dà, che vanno al di là del laboratorio, ma comprendono diverse professionalità in tanti ambiti, e che non è precario come spesso si pensa.
«I distretti hanno tutti una loro verticalità, ma possiamo creare un sistema con scambi di ragazzi e di docenti. Il Governo ci crede e i soldi ci sono».
«In Italia ci sono tante realtà che si occupano di formazione, ma non in maniera sinergica – afferma Crivelli -. L’immagine della metropolitana è appunto quella di una rete con punti di scambio. Serve una visione trasversale. I distretti hanno tutti una loro verticalità, ma possiamo creare un sistema con scambi di ragazzi e di docenti. Il Governo ci crede e i soldi ci sono». L’idea di Federorafi è quella di fungere da “patrocinatore” promuovendo i corsi e mettendo a disposizione i propri imprenditori e professionisti per portare testimonianze e spiegare agli studenti le necessità delle aziende. Ma la collaborazione comprenderà anche alternanza o contratti di apprendistato.
E il primo corso promosso nell’ambito del progetto sarà un master in Marketing brand ambassador modulo gioiello, coordinato da Romano Cappellari, che si svolgerà proprio al Cuoa.
A chiudere la mattinata Marco Carniello, direttore della divisione Jewellery & Fashion di Ieg e l’ad Corrado Peraboni, che hanno parlato dei prossimi appuntamenti.
«Questo summit è un punto di partenza, una sorta di “briefing prepartita” del team made in Italy».
Marco Carniello direttore della divisione Jewellery & Fashion di Ieg
«Questo summit – sottolinea Carniello – è un punto di partenza, una sorta di “briefing prepartita” del team made in Italy. Il nostro ruolo è mettere in condizione la squadra Italia di dare il massimo. Ci attendono VicenzaOro, OroArezzo e Dubai, che sarà un evento diverso, perché si farà in collaborazione col Governo, con il più grande organizzatore di fiere al mondo, Informa, e arriverà in un momento splendido per Dubai, come l’Expo. Con il mutato ruolo di Hong Kong credo che questo paese crescerà molto».
«Dubai sarà un evento internazionale che caratterizzerà il nostro percorso che non andrà mai a discapito degli eventi italiani, dove resterà sempre solido il nostro impegno e supporto»
Corrado Peraboni Amministratore delegato di Ieg
Un evento che, conclude Peraboni «sarà un appuntamento internazionale che caratterizzerà il nostro percorso e non andrà a discapito degli eventi italiani. La nostra presenza sui territori resterà salda».
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