Giordana Giordini, un lavoro in armonia
Il valore della famiglia e la passione per il proprio lavoro rappresentano gli elementi imprescindibili per il successo imprenditoriale della neopresidente Confindustria Federorafi Toscana Sud
In azienda è nata, cresciuta, l’ha portata sui mercati mondiali e adesso ci lavora con tutte le persone che più ama: la mamma Olga, il fratello Alessandro e i figli Jacopo e Costanza.
Per Giordana Giordini, imprenditrice aretina classe 1969, neoconfermata presidente di Confindustria Federorafi Toscana Sud, l’attività fondata dalla madre nel 1964, insomma, è ben più che un lavoro.
«Sono cresciuta in azienda – racconta – Da piccola gironzolavo, guardavo… ho sempre voluto lavorare qui e non ho mai pensato che avrei potuto fare altro. Quando ho iniziato mi è nata una grandissima voglia di viaggiare. In questo i miei genitori mi hanno sempre assecondata, mi hanno mandata all’estero a imparare le lingue e credevano in me e nella mia voglia di esplorare, di vedere altro, conoscere nuove culture e nuovi mercati, che era una parte meravigliosa del lavoro. Salivo su un aereo e mi sentivo padrona del mondo».
Una voglia di esplorare che è andata ben oltre il piacere del viaggio
Sì. Noi a quel tempo vendevamo ai grandi esportatori di Milano, io ho costretto mio padre a iniziare ad esplorare i mercati esteri, andandoci direttamente. E anche in quel caso i miei genitori si sono fidati.
Insomma, ha l’animo dell’esploratrice. Queste esperienze influiscono anche sulla parte creativa?
Purtroppo un mio cruccio è che non ho mai saputo disegnare, ma viaggiando capisco le tendenze, vedo i trend, le novità, i temi. E una volta rientrata trasmetto ciò che ho raccolto a chi crea i modelli per le nuove collezioni. Questo aspetto creativo è affascinante. Adesso però a viaggiare di più è mio figlio Jacopo, che sta prendendo il mio posto in questo.
La vostra è a tutti gli effetti un’azienda famigliare
Assolutamente. Dopo di me è entrato mio fratello Alessandro, di nove anni più giovane, che si occupa di tutta la parte tecnologica, relativa ai macchinari, alla produzione e all’innovazione. Poi appunto Jacopo, che adesso ne ha 32 e va molto all’estero, mentre io mi occupo dell’azienda. E mia figlia Costanza, di 27, che ha creato un proprio marchio, Gioelle, sempre sotto il “cappello” di Giordini.
Come molte donne ha dovuto fare i conti con il doppio ruolo di imprenditrice e mamma…
Sì ed è stato difficile, ma sono riuscita a gestirlo tra tate, nonni e la possibilità di portare i miei figli in azienda. Da questo punto di vista lavorare in proprio facilita le cose. D’estate li portavo con me nei viaggi di lavoro all’estero e frequentavano i summer camp a Miami e Los Angeles, che era il mercato più importante. Lì mi ero organizzata con un appartamento e mentre lavoravo loro andavano a scuola. Questo credo abbia contribuito a trasmettere loro la mia stessa voglia di viaggiare.
Si potrebbe pensare che non sia una mamma chioccia…
Invece sì! Anche adesso che sono grandi ho sempre bisogno di vederli e sentirli. Sono contenta di come ho gestito le cose e i miei figli hanno capito. Quando mi sono sposata mia madre mi ha detto subito che conciliare famiglia e lavoro avrebbe comportato sacrifici, anche economici, ma che ne sarebbe valsa la pena, perché i figli crescono e dovevo pensare anche alla mia carriera. A mia figlia e a mia nuora dico la stessa cosa: la famiglia è importante, ma anche il lavoro è fondamentale. E quando sarà, avranno una nonna disponibile.
Lei è donna e imprenditrice in un mondo che è ancora molto maschile. È difficile?
In certi mercati come Nord Africa e Medio Oriente è difficile trovare capi donna e molti clienti sono uomini, sia lì ma anche negli States. Io ho un buon carattere, sono gentile e sorridente, ma sono anche molto ferma e determinata e quando si parla di lavoro do rispetto e lo pretendo. E alla fine siamo solo persone che parlano di lavoro. Nei paesi musulmani è più difficile, ti devono conoscere, stimare e rispettare, ma una volta che hai trovato questo equilibrio hai un bellissimo rapporto. Personalmente non mi piace la distinzione uomo/donna: siamo persone che lavorano e se sono a capo di un’azienda è perché me lo merito e ho le qualità per farlo, quindi mi devi rispettare.
È difficile far passare questo messaggio?
Se una persona è seria e inquadrata nel lavoro le cose vengono da sé. E alla prima avvisaglia che qualcuno non ti prende sul serio basta rimetterli subito in carreggiata. Devo dire che non ho mai avuto grossi problemi pur avendo viaggiato tanto e in molti paesi.
A proposito di leadership, è appena stata riconfermata alla guida di Federorafi Toscana Sud. Com’è nato l’impegno in associazione?
A quel tempo ero in Confindustria, ma non frequentavo molto. Quando Ivana Ciabatti è diventata presidente nazionale un amico imprenditore mi ha proposto di candidarmi e ho accettato. Sono arrivata con tanta buona volontà, amicizie, gente che mi stimava e ho vinto. Questa volta la rielezione è stata appoggiata da quasi tutta l’associazione e sono contenta di continuare questo percorso nel quale credo finora di aver dato tutto quello che potevo, in un momento difficile. E che mi ha arricchita tantissimo: ho imparato molto anche a livello caratteriale, ad esempio a riflettere quel secondo in più prima di parlare. Anche a livello umano ho trovato persone che mi hanno insegnato molto.
Da presidente sta affrontando forse il momento più difficile da molto tempo a questa parte…
Da un’associazione non si può risolvere moltissimo, ma ci siamo riuniti tanto in videochiamata e condividere i problemi è stato importante. Abbiamo cercato di sensibilizzare le banche, i fornitori, gli esponenti politici della zona per portare avanti temi come le moratorie e cercare di arrivare alla fine del Covid in piedi e più sani possibile.
Come vede il 2021?
Non ne siamo ancora usciti, ma almeno è finito questo 2020… iniziamo l’anno con mille incertezze e difficoltà, provati dai mesi di pandemia. Con uno spirito sempre positivo e ottimista, perché il mondo non finirà, torneremo ad avere il nostro spazio, come abbiamo dimostrato nei mesi dopo l’estate. Quando a settembre siamo potuti tornare dai clienti eravamo ripartiti, poi c’è stato questo nuovo stop. Sono sicura che con il vaccino e la primavera potremo ricominciare a incontrarli e il fatto che abbiano voglia di made in Italy ci riempie di gioia. Certo senza VicenzaOro January, che era la fiera più importante, è difficile. Vedremo cosa succederà e speriamo di poter portare anche un evento ad Arezzo. Qualche viaggio verso Dubai è ricominciato: è un piccolo passo.
Concludiamo tornando al suo percorso. Qual è stato il momento più difficile della sua carriera?
In Messico, tanti anni fa, quando sono stata vittima di un sequestro lampo. Io e un collega siamo saliti in taxi, appena usciti da un grossista, e dopo poco il tassista ha caricato un complice e ci hanno spianato le pistole chiedendoci tutti i soldi. Abbiamo fatto quello che ci chiedevano e per fortuna ci hanno lasciati andare, ma nei mesi successivi ogni volta che salivo in taxi facevo finta di essere al telefono…
E il più bello?
Direi due. Il primo quando ho cominciato a viaggiare per lavoro negli Usa e a raccogliere risultati. Il secondo quando mi sono resa conto che tutte le persone che amavo – mamma, fratello e figli – erano con me in azienda e lavoravamo insieme in grande armonia.
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