CIIE Shangai: La nostra avventura per andare a vendere i cammei
L’imprenditore Marco Russo e il maestro Ciro Esposito raccontano a Preziosa Magazine il loro viaggio in Oriente per il primo evento espositivo presente in quell’area
Una vera e propria odissea per arrivare. Ma una volta a Shanghai Marco Russo, titolare della Russo Cammei e presidente dell’Associazione Oromare Apeco e il maestro cammeista Ciro Esposito sono diventati delle vere e proprie star. E i risultati al Ciie li stanno ripagando.
L’imprenditore napoletano è infatti l’unico espositore orafo italiano arrivato dal Belpaese all’evento cinese, cosa che ha reso lui ed Esposito i soggetti più ambiti dal punto di vista mediatico, ma che ha anche fruttato molti contatti «perché – come spiega Russo – chi vuole comprare made in Italy si aspetta di incontrare degli italiani. In questo contesto la presenza paga molto. Vedere Ciro al lavoro, poi, ovviamente attira molto l’attenzione degli operatori». Che come sottolinea, sono comunque a ranghi ridotti, avendo gli organizzatori abbassato la capienza dei padiglioni al 30% del normale.
Arrivare, però, non è stato affatto semplice. Oltre a tutti i passaggi burocratici, infatti, si sono dovuti sottoporre a svariati tamponi e alla quarantena di 14 giorni.
I preparativi
L’odissea è iniziata i primi di ottobre, quando Russo ed Esposito hanno deciso di partire.
«La mia azienda – spiega – lavora moltissimo con i turisti. Abbiamo negozi nei punti nevralgici delle città d’arte e quindi in questo momento siamo praticamente fermi. Abbiamo pensato, quindi, di sfruttare il viaggio anche per andare a visitare i clienti che già abbiamo là, avendo anche più tempo per approfondire la conoscenza con eventuali nuovi contatti che avessimo trovato in fiera».
E così è partita la trafila, iniziando con la richiesta della lettera d’invito da parte del Governo cinese, mediata dal Ciie stesso e ricevuta non a Roma, ma al consolato di Milano, dove sono andati a fornire le impronte digitali.
Tutt’altro che semplice anche trovare un volo che collimasse con le date, vista la scarsezza di partenze in questo periodo, dimostrata anche dai costi quadruplicati rispetto a un anno fa. Anche lì missione compiuta: decollo fissato per martedì 21 ottobre.
Ma la parola chiave, in tutto questo, è proprio “martedì”, visto che dalla data del volo dipendeva anche un altro elemento fondamentale: il tampone.
«La normativa – continua Russo – prevede che sia stato fatto non oltre le 72 ore prima della partenza. Questo significava, quindi, trovare qualcuno che non solo ce lo facesse di sabato, ma che ci desse subito i risultati».
Facile? Proprio no. Ma anche questo passaggio si è concluso nel migliore dei modi. La suspense, prima di avere la certezza di partire, è durata però fino al lunedì mattina. Il risultato negativo doveva infatti essere vidimato dal Consolato. Avrebbero risposto subito all’e-mail inviata durante il fine settimana? Il lunedì la casella di posta li ha rassicurati: sarebbero partiti!
L’arrivo
Il 22 ottobre, arrivati a Shanghai, l’avventura era però solo iniziata.
«Appena atterrati – racconta ancora Russo – sono saliti a bordo medici e infermieri in tuta anticovid, che ci hanno misurato la temperatura e ci hanno fatto scansionare il QR code di un modulo nel quale abbiamo dovuto inserire tutti i nostri dati, il posto che occupavamo in aereo, dove avremmo alloggiato, i nostri programmi etc. I controlli, tampone incluso, sono durati tre ore, dopo le quali siamo stati caricati in bus, anche lì con autisti in tuta e separatori in plastica e portati nell’albergo dove abbiamo trascorso la quarantena in totale isolamento. E a noi è andata anche bene, perché il desk del Ciie ci ha semplificato il trasferimento e avevamo un bell’albergo, con grandi finestre e vista sul fiume. Altri hanno passato la quarantena in ex centri Covid».
La quarantena
E così, in albergo è iniziata la quarantena. Che significa: confinamento in camera, impossibilità di uscire anche solo in corridoio o incontrare i colleghi, nessun servizio di pulizia della stanza, pasti lasciati e ritirati fuori dalla porta, provarsi la febbre mattina e pomeriggio inserendo la temperatura nel solito formulario online. E fin qui tutto regolare. O quasi.
«Il secondo giorno ci hanno chiamati dicendo che un passeggero risultato positivo era seduto poco lontano da noi in aereo. Da lì a controllarci la temperatura sono venuti dei medici. Poi, il 12° giorno abbiamo finalmente fatto il terzo tampone, prima della fine della quarantena».
E lì, la paura della beffa è stata forte. «Mentre aspettavamo il risultato si è sparsa la voce che ci fosse un italiano positivo e l’apprensione è montata. A un passo dal traguardo sarebbe stato veramente troppa sfortuna. Invece era un’altra persona e le nostre analisi sono risultate negative. Il 14° giorno, finalmente, abbiamo ottenuto il green code e abbiamo potuto trasferirci nel residence che avevamo prenotato. Liberi!».
In fiera
Il 14° giorno, cioè la giornata della stampa, è stato quindi anche il primo momento in cui hanno potuto allestire lo stand. E sono diventati delle star. «I giornalisti ci hanno presi d’assalto e anche il Console è venuto a salutarci, complimentandosi per la caparbietà. Per i media cinesi avere degli italiani significa certificare che il loro sistema funziona e che gli europei si sentono sicuri ad andare.
A differenza della precendente edizione anche se l’affluenza era notevolmente inferiore abbiamo avuto modo di incontrare non solo privati, ma anche negozianti, responsabili di deprtement store e distributori. Non è un caso infatti, che nei prossimi giorni avremo modo di andare fisicamente presso i loro negozi o showroom.
Quello che ho potuto constatare – continua Russo – è che in generale l’Europa e la gioielleria era poco rappresentata con l’eccezione di aziende provenienti dall’area asiatica – principalmente la Malaysia – e di brand importanti come Damiani e Van Cleef & Arpels presenti nel padiglione Luxury.
Un plauso va ai nostri organizzatori, in primis all’ICE per la qualità degli allestimenti e la posizione all’interno del padiglione. Non nascondo inoltre, l’emozione e l’orgoglio provato quando uno dei vicepresidente della Repubblica Popolare Cinese presente all’inaugurazione si è soffermato ad ammirare il lavoro del Maestro Ciro Esposito.
Qui in Cina, comunque, è ripartito tutto, la mascherina è obbligatoria sui mezzi pubblici e in fiera ma, ad esempio, non nei centri commerciali o nei ristoranti.
E dopo? «Andremo a trovare clienti e abbiamo già prolungato il visto per ulteriori 28 giorni. Poi speriamo di riuscire a tornare».
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